Carbonara, 9 italiani su 10 la sbagliano: questa è la ricetta originale romana - ilmangione.it
Carbonara, l’originale che tutto il mondo ci invidia nasce da un pasto povero dei boscaioli laziali. Cinque ingredienti, nessuna panna, e un passato tra pastori, soldati americani e trattorie romane
La carbonara nasce come piatto semplice e sostanzioso, portato nei tascapane dei boscaioli e dei pastori che si arrampicavano sui monti laziali per sorvegliare le carbonaie. Ma la versione che oggi conosciamo, con guanciale croccante, tuorli e pecorino romano, ha attraversato una lunga evoluzione, segnata da contaminazioni, ritorni all’origine e anche da una giornata mondiale interamente dedicata a lei: il Carbonara Day, ogni 6 aprile. Tra le trattorie storiche che la custodiscono con orgoglio, spiccano Sora Lella e Antica Pesa, due istituzioni romane che ne difendono l’autenticità. Ecco come è nata davvero e come si prepara secondo la tradizione.
Tra carbonai, americani e ristoranti: la storia inquieta di un’icona romana
La pasta “cacio e ova”, da cui la carbonara discende, era il pasto dei carbonari – boscaioli che producevano carbone di legna nei boschi montani del Lazio. Portavano con sé pasta con uova e formaggio, già cotta e pronta da mangiare fredda, durante le lunghe giornate di lavoro. È da quel pasto grezzo e nutriente che prende nome la carbonara, anche se la forma attuale è frutto di contaminazioni più recenti. Durante la Seconda guerra mondiale, alcuni racconti narrano che siano stati i soldati americani, sbarcati a Roma con le loro razioni militari, a introdurre il bacon, sostituendo provvisoriamente il guanciale.

Questa versione “americana” della carbonara si diffuse in fretta, prima all’estero e poi in patria, dove però col tempo i cuochi tornarono alle materie prime del territorio, rifiutando ingredienti come panna, cipolla o pancetta. In particolare, l’aggiunta della panna per rendere la salsa più cremosa fu molto comune negli anni ‘80-’90, ma oggi è considerata un’eresia gastronomica dai puristi. Anche la pancetta affumicata, seppur italiana, viene spesso bocciata in favore del più verace guanciale, che rilascia un grasso più dolce e meno invadente.
Un’altra curiosità riguarda La Cucina Italiana, rivista storica che ha pubblicato versioni molto diverse della carbonara, a partire dal 1954. Alcune prevedevano persino burro o cipolla. Ma oggi la ricetta è stata ridotta all’osso: cinque ingredienti precisi, nessuna concessione. E non è un caso se ogni anno, durante il Carbonara Day, le discussioni sui social si riaccendono tra ortodossi e sperimentatori, con migliaia di reinterpretazioni da tutto il mondo.
La ricetta originale: cosa usare davvero e quali errori evitare
Gli ingredienti autentici per preparare la carbonara sono solo cinque: spaghetti, tuorli, pecorino romano, guanciale e pepe nero. Il procedimento richiede attenzione ma è più semplice di quanto sembri. Si comincia tagliando il guanciale a listarelle, da rosolare in padella a fuoco basso con poco olio extravergine, finché non diventa croccante. Nel frattempo si sbattono i tuorli in una ciotola con pecorino grattugiato, un pizzico di sale e una generosa macinata di pepe nero, ammorbidendo il composto con acqua fredda (non calda, altrimenti cuoce le uova).
Una volta cotti gli spaghetti al dente in acqua salata, si scolano senza sgocciolarli troppo, così da tenere un po’ di liquido per la cremosità. La pasta viene condita prima con il guanciale rosolato e il suo grasso, poi – lontano dal fuoco – si aggiunge la crema d’uovo e formaggio. Il segreto è mescolare velocemente per evitare che le uova si rapprendano. Non bisogna cuocere il composto: il calore residuo della pasta è sufficiente per trasformare la crema in una vellutata salsa dorata, che avvolge ogni spaghetto senza fare grumi.
La vera carbonara romana non ammette scorciatoie. Niente panna, niente cipolla, niente aglio. Nemmeno parmigiano, se vogliamo essere precisi: solo pecorino romano DOP. Le varianti esistono, certo, ma chi vuole conoscere davvero la carbonara deve provarla nella sua versione più pura. E magari sedersi in una trattoria di Trastevere, dove le padelle sfrigolano a ogni ora e il piatto arriva in tavola con un profumo che è quasi un rito.
