Perché dovresti sempre lavare il riso prima di cuocerlo (e cosa rischi se non lo fai) - ilmangione.it
La scienza risponde al dubbio più comune in cucina: quando è utile risciacquare il riso prima della cottura e cosa si perde davvero con l’acqua.
Il riso, Oryza sativa L., è una delle colture più antiche coltivate dall’uomo. Le sue origini risalgono a 5.000-7.000 anni prima di Cristo, con i primi resti rinvenuti in India nord-orientale e in Cina, territori che ancora oggi rappresentano i maggiori produttori mondiali. È consumato in oltre cento Paesi e preparato in molti modi: lessato, al forno, in timballi, o come risotto. Ma uno dei dilemmi più diffusi riguarda una semplice azione preliminare: lavare o meno il riso prima della cottura?
Una pratica diffusa in molte culture, spesso motivata da ragioni igieniche o culinarie, il lavaggio può avere però effetti contrastanti. Se da un lato serve a eliminare impurità, amido superficiale e residui di arsenico o microplastiche, dall’altro può impoverire il riso di vitamine del gruppo B e amido resistente, nutrienti importanti per chi lo consuma quotidianamente.
Residui, microplastiche e arsenico: cosa si elimina davvero con l’acqua
Una delle motivazioni principali che spingono a lavare il riso è la volontà di rimuovere eventuali corpi estranei o residui industriali. Questo è particolarmente vero per risi non brillati o meno raffinati, mentre nel riso bianco sbiancato i residui visibili sono quasi assenti. Il lavaggio può anche rivelarsi utile per ridurre la presenza di arsenico, un metallo tossico che il riso tende ad assorbire naturalmente dal suolo e dall’acqua, soprattutto in zone agricole intensamente coltivate.

Uno studio del 2021 pubblicato sul Journal of Hazardous Materials ha mostrato che risciacquare il riso può abbattere la presenza di microplastiche tra il 20% e il 40%, un dato significativo considerando l’aumento di plastica nei cicli alimentari. A questo si aggiunge la revisione del 2023, che evidenzia i dati della FDA: concentrazioni medie di 92 ppb (parti per miliardo) per il riso bianco e 154 ppb per il riso integrale, senza però un limite generale per il consumo umano, se non per i cereali destinati ai neonati, fissato a 100 ppb.
Secondo la Food and Drug Administration, cuocere il riso in 6-10 parti d’acqua e poi scolarla può ridurre l’arsenico inorganico del 40-60%, ma il metodo non garantisce la rimozione totale. Sbollentare brevemente il riso in acqua prima della cottura è un’altra tecnica domestica utile, soprattutto per il riso integrale.
Il cambiamento climatico rappresenta un rischio ulteriore: temperature più alte aumentano la capacità del riso di assorbire arsenico dal terreno. In Italia, però, la produzione è altamente controllata, e non a caso viene considerata una filiera d’eccellenza, con standard qualitativi tra i più alti in Europa. Per questo motivo, lavare il riso italiano non è considerato necessario, a meno di esigenze specifiche legate a gusti o preparazioni particolari.
Vitamine, amido resistente e consistenza: cosa si perde sciacquando il riso
Lavare il riso non comporta solo vantaggi. L’acqua corrente può rimuovere fino a una parte rilevante di vitamine del gruppo B, come la tiamina, la niacina e l’acido folico, micronutrienti fondamentali soprattutto in popolazioni che consumano riso come alimento base. In alcune aree del mondo, questa perdita nutrizionale è associata a patologie come il Beriberi, legata proprio alla carenza di tiamina.
L’altro effetto visibile è quello sulla consistenza del riso. Il lavaggio elimina l’amido topico (cioè quello in superficie), rendendo i chicchi meno appiccicosi. Questo è ideale per piatti come insalate di riso, dove si desidera un risultato “sgranato”. Ma non è tutto: rimuovendo l’amido, si riduce anche una parte dell’amido resistente, una componente utile per la salute intestinale e la regolazione dell’insulina.
L’amido resistente non viene digerito nello stomaco, ma fermenta nell’intestino, migliorando la flora batterica. È utile anche per i soggetti diabetici, poiché riduce i picchi glicemici. Curiosamente, cucinare il riso e raffreddarlo prima del consumo – come nel caso delle insalate – fa aumentare la quantità di amido resistente presente nel piatto. Lo stesso vale per la pasta fredda o le patate bollite e mangiate fredde.
Questi dati rendono chiaro che la scelta di lavare o meno il riso dipende da diversi fattori: tipo di riso, destinazione d’uso, necessità nutrizionali, livello di sicurezza degli alimenti nel proprio Paese. Se si utilizza un riso integrale di importazione o si è in gravidanza, il lavaggio può essere consigliato. Se invece si cucina un risotto con Carnaroli italiano, la perdita di nutrienti può superare i benefici della purificazione.
