
I 9 cibi vietati in Italia-ilmangione.it
Ci sono nove cibi che nel nostro Paese sono vietati, ed ecco quali sono le ragioni. Scopri se sono quelli che hai assaggiato in passato
Negli ultimi decenni, l’Italia, come gran parte del mondo, ha assistito a una trasformazione profonda nel modo di pensare, di produrre e persino di mangiare. Il tempo, con il suo passo silenzioso ma inesorabile, ha portato con sé un cambiamento di coscienza collettiva: oggi siamo più attenti, più consapevoli, più inclini a chiederci non solo cosa mettiamo nel piatto, ma anche come quel cibo ci è arrivato.
Non si tratta soltanto di una moda passeggera, ma di una vera e propria evoluzione culturale che affonda le sue radici nella sostenibilità, nella tutela dell’ambiente e nel rispetto per la vita animale.
Un tempo, nelle cucine delle nonne, certi piatti rappresentavano la normalità: ricette tramandate di generazione in generazione, espressione di una tradizione povera ma ingegnosa, in cui nulla andava sprecato.
Oggi, però, ciò che un tempo era accettato è diventato in alcuni casi illegale. La sensibilità contemporanea verso gli animali e la salvaguardia della biodiversità ha portato alla messa al bando di alcuni alimenti che fino a pochi decenni fa si potevano trovare sulle tavole italiane. Sono nove, nello specifico, i cibi che non possono più essere consumati nel nostro Paese.
Scoprire quali sono significa fare un viaggio nel tempo, tra cultura gastronomica e cambiamento sociale, dove il confine tra tradizione e consapevolezza diventa più sottile che mai.
Erano parte della nostra tradizione, ora sono proibiti: ecco i 9 cibi vietati in Italia
Ci sono sapori che appartengono al passato, piatti che raccontano l’ingegno e la fame di un’Italia contadina, ma che oggi sopravvivono solo nei ricordi o nelle pagine dei vecchi ricettari. Oggi, però, 9 di questi sono banditi per legge ed è bene sapere di quali si tratta se non si vuole incorrere in conseguenze anche molto gravi.

Tra i sapori proibiti di oggi c’è, ad esempio, la neonata di pesce, quel novellame di sardine e acciughe che per secoli ha condito bruschette e zuppe di mare. Dal 2010, però, l’Unione Europea ne ha vietato la pesca per proteggere la sopravvivenza della specie. Stessa sorte per gli “osei” con la polenta, piatto simbolo delle valli bergamasche e del Veneto: fringuelli, allodole e tordi non possono più finire in pentola, poiché la legge sulla caccia del 1992 ne ha sancito la tutela.
Alcuni divieti hanno ragioni di salute, come nel caso del Casu Marzu, il celebre formaggio sardo con i suoi inquilini vivi, ritenuto potenzialmente pericoloso per l’uomo. Altri nascono da motivazioni ambientali, come per i datteri di mare, la cui raccolta distrugge i fondali rocciosi. Oggi rappresentano un lusso illecito, con un mercato nero che arriva a vendere un chilo per oltre duecento euro.
E poi ci sono le rane, un tempo protagoniste delle risaie del Nord, oggi ammesse solo se allevate, e animali come istrici, piccioni selvatici, ghiri e piccoli roditori, un tempo cucinati nelle zone rurali e oggi protetti per legge. Sono testimonianze di un’Italia che cambia, dove il rispetto per la natura e per le sue creature è diventato, finalmente, ingrediente indispensabile di ogni civiltà.