Perché quella di Nonna Ida è la più buona? Tutti i segreti della pasta 'ncasciata siciliana doc - ilmangione.it
Dalle origini contadine alla tavola di Natale: questo primo è un capolavoro siciliano di melanzane, ragù e formaggi
Durante le festività natalizie, sulle tavole siciliane torna puntuale uno dei piatti più amati della tradizione: la pasta ‘ncasciata. Ricca, compatta, profumata, è il simbolo di una cucina che non ha paura di esagerare. Dietro il suo nome curioso, che richiama il verbo dialettale ‘ncasciari – incastrare, pressare – si nasconde una ricetta popolare, nata nelle campagne, ma capace di conquistare anche i palati più raffinati. Oggi viene preparata in tante versioni, ma la base resta sempre la stessa: melanzane, pasta corta, carne, formaggi e uova sode, uniti in un equilibrio goloso, cotto in forno e servito bollente.
Non è un caso se la pasta ‘ncasciata è diventata un classico dei pranzi natalizi. La sua struttura a strati, che ricorda una lasagna senza besciamella, la rende perfetta per essere preparata in anticipo, porzionata facilmente e servita anche il giorno dopo. Ed è proprio la sua consistenza “compatta”, come suggerisce il nome, a renderla irresistibile: ogni morso racchiude sapori diversi, uniti dal profumo intenso del ragù e dal caciocavallo filante. In molte famiglie, prepararla è un rito che si tramanda, con piccole varianti personali che raccontano storie e territori.
Ingredienti, passaggi e segreti per una pasta ‘ncasciata perfetta
Per preparare una pasta ‘ncasciata per 4-6 persone, servono circa 400 grammi di pasta corta – i maccheroni, i rigatoni o pennette sono le scelte più diffuse – due melanzane grandi, 300 grammi di carne macinata mista, tra manzo e maiale, 400 ml di passata di pomodoro, 100 grammi di caciocavallo (oppure provola dolce), 50 grammi di pecorino grattugiato, 100 grammi di salame a cubetti (o prosciutto cotto), due uova sode, una cipolla, uno spicchio d’aglio, olio extravergine, olio di semi, basilico fresco, sale e pepe.
La preparazione inizia con le melanzane, da lavare, tagliare a fette spesse mezzo centimetro e cospargere di sale. Dopo almeno mezz’ora in un colino, si sciacquano, si asciugano e si friggono in olio di semi caldo, per poi essere scolate su carta assorbente.

Intanto si prepara il ragù: in padella si scalda un filo d’olio extravergine, si soffrigge la cipolla tritata con l’aglio intero, si aggiunge la carne da rosolare e si sfuma con la passata, basilico, sale e pepe. Il ragù deve cuocere lentamente, finché non risulta denso e saporito. A parte, si cuoce la pasta molto al dente in acqua salata, poi si condisce con parte del sugo, pecorino grattugiato e un cucchiaio d’olio.
Il montaggio è il momento più importante. In una pirofila unta, si alternano strati di pasta, melanzane, caciocavallo, salame, fette di uovo sodo, e ancora pasta. Si conclude con un’ultima copertura di sugo e pecorino. Il tutto va in forno già caldo a 200°C per circa 25 minuti, finché la superficie non sarà ben dorata e croccante. Dopo un riposo di 10 minuti, si può servire con basilico fresco per dare un tocco di colore.
Tra cucina povera e orgoglio regionale: la forza della tradizione siciliana
La pasta ‘ncasciata non è solo un piatto, ma un simbolo della cucina del Sud, capace di combinare ingredienti semplici in un risultato opulento. Il suo nome racconta l’antico gesto di pressare la pasta nella teglia, per compattare sapori e profumi in una forma solida, da tagliare a fette. È un piatto di recupero e abbondanza, dove nulla viene sprecato: le melanzane fritte, il formaggio a cubetti, le uova sode servivano a rinforzare un primo, rendendolo piatto unico nelle case contadine.
Nel corso degli anni, la pasta ‘ncasciata è uscita dalle cucine familiari per entrare nei menu dei ristoranti, diventando ambasciatrice della cucina siciliana nel mondo. Oggi la si trova anche in versioni vegetariane o con varianti di formaggi e salumi, ma la sua essenza resta intatta: un piatto da condividere, conviviale, capace di riempire le tavole con gusto e memoria.
Durante le feste di Natale, prepararla significa ritrovare un pezzo di casa, anche per chi vive lontano. In molte zone dell’isola, il giorno della Vigilia o il pranzo del 25 dicembre iniziano proprio con una forchettata di ‘ncasciata, mentre il profumo del ragù si mescola a quello del forno e dell’attesa. Ogni famiglia ha il suo segreto, ogni teglia racconta una storia diversa. Ed è proprio in questa molteplicità di dettagli, spesso non scritti, che la pasta ‘ncasciata trova la sua forza: non cambia mai davvero, ma non è mai la stessa.
