
Addio a uno degli chef più apprezzati d'Italia - (@aimoenadia) - ilmangione.it
Se n’è andato all’improvviso, senza grandi annunci, come era suo solito, uno dei volti più amati della cucina italiana.
La cucina italiana piange una delle sue figure più iconiche, capaci di unire talento, umanità e passione in un racconto di sapori che rimane eterno. Il suo ricordo rimarrà vivo non solo nelle ricette, ma nei cuori di chi ha avuto la fortuna di cucinare con lui, imparando dal maestro.
Un esempio di pazienza, equilibrio e amore per il cibo unici, sono davvero poche le personalità nel mondo culinario che reggono il confronto. Adesso restano gli amici e i colleghi a parlarne, raccontando di come lo hanno conosciuto e di fosse umano, anche dentro la cucina.
Addio ad Aimo Moroni
Si è spento all’età di 91 anni Aimo Moroni, lasciando un vuoto incolmabile nello storico ristorante milanese «Il Luogo di Aimo e Nadia». La trattoria, nata negli anni Sessanta, è diventata negli anni un simbolo del fine dining a Milano ed è oggi guidata dalla figlia Stefania.

Negrini, chef e allievo, ricorda l’uomo dietro il cuoco: «Trasmetteva il sapere in maniera silenziosa, umana e rispettosa, lasciandoci spazio per crescere accanto a lui». Il rapporto tra Negrini e Moroni iniziò nel 1997, quando il giovane chef ancora adolescente entrò nella brigata, apprendendo da Aimo le regole della ristorazione.
«Mi disse di andare in Europa, ma di tornare. Promisi e così ritornai con Fabio Pisani, per proseguire insieme la storia del ristorante». Un racconto intimo di fiducia e speranza, in cui Moroni fa la parte del mentore e non dell’insegnante, di un uomo che vive di passione.
Aimo Moroni non era solo un grande chef, ma anche un maestro di generosità, come traspare anche da alcuni racconti della brigata di cucina. «Ricordo nel 2006 quando assaggiò un pezzo di agnello e lo diede al tavolo sei, rinunciando al piacere per gli altri».
Il 2015 segnò la sua scelta di defilarsi: «Ci ha passato il testimone con umiltà, permettendoci di guidare la cucina mantenendo sempre la sua filosofia». Per Negrini e Pisani, Aimo ha insegnato l’arte della ristorazione come un gesto umano, fatto di cura, attenzione al dettaglio e rispetto per chi lavora.
Fino all’ultimo, Moroni ha continuato a essere presente: «Tre mesi fa ha cucinato personalmente la trippa con fagioli e finocchietto per tutta la brigata». Il gesto racconta la sua dedizione, nonostante l’età, volle preparare ogni ingrediente, lavare la carne e prendersi cura della cucina come faceva da sempre.
Il pranzo condiviso con lo staff, con Aimo a capotavola, rappresenta la sintesi perfetta del suo carattere, guida silenziosa, professionalità eccelsa e calore umano. Moroni lascia una lezione preziosa, la grandezza non sta solo nel talento culinario, ma nella capacità di trasmettere valori, condividere esperienza e costruire rapporti sinceri.