Il problema della spesa alimentare è legato anche alla regione in cui si vive - ilmangione.it
Fare la spesa diventa sempre più difficile, ma non sono solo gli stipendi bassi a influire, in alcuni casi è anche la zona in cui si vive.
Il prezzo della spesa quotidiana racconta molto più del semplice bilancio familiare, ma diventa diventa il termometro delle disuguaglianze che attraversano l’Italia. Secondo un’indagine di Altroconsumo, infatti, il nostro Paese è diviso anche nel carrello della spesa, con differenze che incidono profondamente sul potere d’acquisto delle famiglie.
Ma non si tratta di differenti abitudini alimentari, bensì di una differenza meramente economica, legata più a indici di prezzo che non a scelte culinarie. Dietro queste differenze non ci sono solo stipendi diversi, ma soprattutto la variabile della concorrenza, dell’imprenditoria regionale e una sostanziale differenza di visioni.
Dove la spesa costa il doppio, le differenze regionali
Al Nord la spesa pesa in media l’11% del reddito, mentre al Sud la quota sale fino al 19%, un divario significativo. È come se due famiglie con redditi simili vivessero in economie parallele: una paga la normalità, l’altra affronta un vero “sovrapprezzo geografico”.

Dove le insegne si contendono i clienti i prezzi restano bassi, mentre dove i supermercati sono pochi i listini si impennano. La mappa della convenienza diventa così la mappa della disuguaglianza, fotografando un’Italia spaccata anche nelle abitudini di consumo.
L’indagine di Altroconsumo ha monitorato 1.150 punti vendita in 67 città italiane, analizzando oltre 1,6 milioni di prezzi su 125 categorie di prodotti. I risultati raccontano un Paese diviso, con città più convenienti al Nord e meno convenienti al Sud, dove la scarsità di punti vendita pesa.
A Venezia la spesa annua minima stimata è di 6.260 euro per una famiglia tipo, mentre a Como il risparmio potenziale supera 1.386 euro. Verona e Brescia mostrano prezzi tra i più bassi del Paese, con margini di risparmio oltre il 30%, segno di forte concorrenza.
Vicenza conferma la tendenza, con spesa contenuta e ottima densità di supermercati competitivi che favoriscono i consumatori. Al contrario, Sassari è la meno conveniente d’Italia, con una spesa minima stimata oltre 7.400 euro annui per una famiglia.
Reggio Calabria e Cosenza mostrano prezzi alti e offerta limitata, mentre a Caserta il risparmio massimo stimato è appena 50 euro l’anno. Napoli registra bassa competizione tra supermercati e prezzi più elevati della media nazionale, aggravando il peso della spesa.
Il potenziale di risparmio cambia con la latitudine, una famiglia di 4 persone può ridurre la spesa annua fino a 3.700 euro. Un single, con attenzione, può alleggerire il carrello di oltre 2.200 euro l’anno, ma al Sud i margini difficilmente superano il 10%.
Le cause del divario sono molteplici, redditi più bassi, minore concorrenza e scarsa mobilità dei consumatori amplificano le difficoltà. I dati ISTAT confermano, nel 2024 la spesa media mensile era di 3.032 euro al Nord-Est contro 2.199 euro al Sud, differenza del 38%.
La quota del reddito destinata agli alimentari raggiunge il 25% al Sud contro il 17% al Nord, segno di un peso sproporzionato. La spesa quotidiana diventa così una tassa occulta sulla residenza, trasformando il carrello in simbolo delle disuguaglianze italiane.
