Attenzione quando fai la spesa: così manipolano i cibi per farti credere che siano migliori - ilmangione.it
Dal monossido di carbonio alla cera sulle mele: ecco i “trucchi” legali (e illegali) nel cibo che acquistiamo ogni giorno.
Quando pensiamo al trucco, viene in mente il make-up, il desiderio di apparire più giovani, più sani, più belli. Ma lo stesso principio si applica, sempre più spesso, anche al cibo che troviamo nei supermercati, dove l’apparenza inganna e il rischio è alto: non solo per il portafoglio, ma anche per la salute. Alcuni trattamenti sono legali, altri no, ma tutti hanno un punto in comune: modificano l’aspetto visivo degli alimenti per farli sembrare più freschi, più genuini, più gustosi. E il consumatore, senza saperlo, cade nella trappola.
Carne, pesce e pasta: la filiera degli inganni (quasi) legali che alterano l’aspetto degli alimenti
Nel banco frigo tutto sembra perfetto. Filetti di pesce bianchi e compatti, carne rosso ciliegia come appena tagliata, pasta imbustata di un giallo brillante che ricorda la sfoglia fatta in casa. Ma dietro questa coreografia alimentare si nascondono sostanze, trattamenti e additivi che – seppur talvolta consentiti – raccontano una verità diversa da quella visibile.
Un esempio concreto riguarda il pesce. Molti molluschi come calamari, seppie e polpi vengono trattati con acqua ossigenata. L’operazione serve a sbiancarli e ad attenuare l’odore, rendendoli visivamente appetibili. Non è vietato: si parla di “coadiuvante tecnologico”, ma il consumatore raramente ne è consapevole. Ancora più insidiosi sono i polifosfati, utilizzati per mantenere l’acqua nel tessuto del pesce: in pratica, fanno sembrare più “grasso” e pesante un alimento che invece, naturalmente, tenderebbe a perdere peso. Il risultato? Si paga di più per qualcosa che vale di meno.

Passando alla carne, l’illusione diventa pericolosa. Il monossido di carbonio, vietato in teoria in tutta l’Unione europea, viene ancora usato in vari Paesi per mantenere vivo il colore rosso della carne, anche quando questa è ormai deteriorata. Una forzatura dell’immagine che può confondere anche gli occhi più esperti. A ciò si aggiungono solfiti di sodio e nitriti, usati per bloccare la putrefazione e ritardare il grigiore della carne, anche in macelleria. Spesso non indicati in etichetta, possono provocare reazioni avverse e addirittura intossicazioni gravi nei soggetti più vulnerabili.
La pasta fresca non è da meno. Il colore giallo intenso che troviamo in molte confezioni è il risultato dell’aggiunta di pigmenti artificiali, pensati per simulare la presenza di più uova e per dare un’idea di freschezza. Se non dichiarati, siamo di fronte a una frode. Ma anche quando tutto è legale, resta un nodo etico: quello della manipolazione della percezione.
Frutta lucidata, agrumi finti e foglie da scenografia: come riconoscere i segnali del cibo “truccato”
Anche la frutta ha il suo “make-up”. Le mele, ad esempio, vengono spesso trattate con cera per risultare più lucide e brillanti. Il trucco si scopre facilmente: basta versare acqua bollente sulla buccia, e comparirà una patina biancastra. È cera, applicata per nascondere i difetti superficiali. Lavare bene le mele con bicarbonato e succo di limone può aiutare a rimuoverla, ma non tutti lo sanno. Lo stesso vale per alcuni pomodori da banco: il trattamento è lo stesso, l’effetto pure.
Le arance, soprattutto fuori stagione, vengono spesso trattate con difenolo, una sostanza chimica derivata dal benzene. Il risultato è una buccia lucida e compatta, ma potenzialmente tossica se ingerita. Anche se si mangia solo la polpa, il rischio c’è, soprattutto per chi usa le scorze in cucina o nei dolci. Le pere, frutto stagionale per eccellenza, vengono invece sottoposte a shock termici e trattate con gas come l’azoto per conservarne l’aspetto. Dure fuori, ma spesso nere e molli all’interno, deludono il palato e confermano che l’aspetto non basta.
Un altro trucco frequente riguarda le foglie inserite nelle cassette di agrumi. Danno un tocco di autenticità, fanno sembrare il prodotto appena raccolto. Ma, come raccontano molti venditori, i limoni arrivano dalla Tunisia o dall’Egitto, e le foglie invece da zone doc come la Liguria o la Costiera Amalfitana. L’inganno è visivo, ma efficace: fa scattare la fiducia istintiva nel consumatore. Una fiducia costruita a tavolino, non sul prodotto reale.
In sintesi, il cibo truccato esiste, ed è più vicino di quanto si pensi. Serve uno sguardo più critico, ma anche una maggiore trasparenza lungo tutta la filiera, per evitare che la bellezza apparente finisca per mascherare difetti, rischi e sprechi.
