Il pesce crudo cela dei rischi - (ilmangione.it)
L’aumento del consumo di pesce crudo impone attenzione a rischi come parassiti e batteri: ecco le regole per la sicurezza alimentare
Con l’aumento esponenziale del consumo di pesce crudo in Italia, non solo nelle cucine giapponesi ma anche nella tradizione culinaria italiana, è fondamentale conoscere i rischi sanitari connessi a questa pratica e le proprietà nutrizionali di questi alimenti.
In particolare, l’attenzione si concentra sull’importanza dell’abbattimento termico del pesce per prevenire gravi patologie parassitarie e batteriche, nonché sulle qualità nutritive che rendono il pesce crudo un alimento prezioso, ma da consumare sempre con le dovute cautele.
I rischi legati al consumo di pesce crudo non abbattuto
Il consumo di pesce crudo, includendo molluschi, crostacei e pesci, è aumentato notevolmente negli ultimi anni. Tuttavia, questa abitudine comporta un aumento del rischio di contrarre diverse malattie, spesso legate alla presenza di parassiti e microorganismi patogeni. Tra le infezioni più rilevanti si annoverano:
- Parassitosi, causate da larve come l’Anisakis, che possono migrare dai visceri ai tessuti muscolari del pesce dopo la morte dell’animale, rendendo possibile la loro ingestione anche se il consumatore non mangia le viscere.
- Infezioni batteriche e virali, dovute a contaminazioni da Salmonella, Vibrio, Escherichia coli e virus come l’epatite A.
- Tossinfezioni alimentari, causate dall’assunzione di tossine prodotte da batteri o alghe marine, con effetti anche gravi sulla salute.
Un episodio recente a Gubbio (Umbria), dove circa 30-40 persone sono state colpite da un’intossicazione alimentare legata al pesce, ha evidenziato come una singola occasione di consumo possa scatenare un focolaio epidemico. In questo contesto, la normativa europea (Regolamento CE 853/2004 e successive modifiche) impone l’obbligo di abbattimento del pesce crudo a temperature di almeno -20°C per 24 ore oppure a -35°C per 15 ore, per eliminare larve parassitarie come l’Anisakis.
L’Anisakis è un nematode parassita che vive nello stomaco di mammiferi marini e, nelle sue forme larvali, può infestare pesci e molluschi. Se ingerito dall’uomo, può causare l’anisakiasi, una patologia gastrointestinale caratterizzata da dolore addominale, nausea, vomito e, nei casi più gravi, da reazioni allergiche e perforazioni intestinali. La presenza dell’Anisakis è particolarmente diffusa in specie come tonno, salmone, merluzzo, sgombro, aringhe e pesce spada.

Nonostante l’abbattimento sia fondamentale per ridurre il rischio, è importante sottolineare che non elimina i rischi batterici, per i quali è necessario un rigoroso controllo igienico-sanitario durante tutta la filiera, dalla pesca alla somministrazione.
Non tutte le convinzioni relative all’abbattimento del pesce e alla sicurezza del pesce crudo sono corrette. Tra i falsi miti più diffusi:
- L’abbattimento non è una garanzia totale di sicurezza microbiologica, ma è efficace contro i parassiti.
- Il periodo di permanenza in abbattitore comincia a decorrere quando la temperatura interna del pesce raggiunge effettivamente la soglia di -20°C o -35°C, pertanto il tempo totale di congelamento può essere superiore alle 24 ore.
- La marinatura, la salatura e l’affumicatura non eliminano i parassiti, quindi anche il pesce marinato deve essere abbattuto.
- L’ispezione visiva è utile ma insufficiente a garantire l’assenza di parassiti, in quanto le larve non sono sempre visibili.
- Non è consentito commercializzare pesce manifestamente infestato da parassiti, anche se successivamente verrà cucinato o abbattuto.
Il Regolamento CE 853/2004, integrato dal Regolamento UE 1276/2011, prevede alcune deroghe all’obbligo di abbattimento, purché siano rispettate condizioni di sicurezza basate su dati epidemiologici e autorizzazioni delle autorità competenti. Ad esempio, il pesce proveniente da allevamenti controllati e alimentato con mangimi privi di parassiti può essere esentato da abbattimento.
