Risotto sempre scotto e insipido? L'errore che commettono tutti: il segreto per non sbagliare più - ilmangione.it
Una ricerca condotta in Italia analizza al microscopio le varietà più usate per scoprire quale dà la resa perfetta: cremosità, gusto e tenuta del chicco dipendono da una struttura invisibile.
Il riso per risotti non si sceglie solo per tradizione o abitudine. I cuochi lo sanno da tempo, ma oggi lo conferma anche la ricerca scientifica: la qualità del chicco, la struttura interna, la porosità e perfino il modo in cui si dispone l’amido all’interno determinano il risultato finale del piatto. E tra le varietà italiane più diffuse – Carnaroli, Arborio, Sant’Andrea e Roma – emergono differenze misurabili che incidono su cremosità, assorbimento dei condimenti e tenuta alla cottura. Lo studio è stato realizzato in collaborazione tra Ente Nazionale Risi, il Politecnico di Torino e l’Università di Pavia, e ha fornito nuovi dati tecnici che chiariscono perché il risotto “all’onda” resta un orgoglio italiano.
I test scientifici sulla struttura del riso: cosa cambia davvero nel piatto
La varietà Carnaroli Classico è risultata superiore sotto molti aspetti. Non per un gusto soggettivo, ma per caratteristiche fisiche e strutturali del chicco: lo dimostra l’analisi effettuata al microscopio elettronico a scansione, una tecnica che consente di osservare la disposizione dei granuli d’amido e il grado di porosità interna. Il risultato? I risi italiani appartenenti alla sottospecie Japonica – in particolare Carnaroli, Arborio, Roma e Sant’Andrea – presentano spazi vuoti tra un granulo e l’altro, che favoriscono l’assorbimento dell’acqua e dei condimenti.

È proprio questa la chiave della cremosità tipica del risotto. I chicchi riescono ad inglobare i liquidi, rilasciando amido in cottura e creando quella “onda” densa che accompagna ogni cucchiaiata. Al contrario, varietà come il Basmati – molto usate per piatti asiatici – hanno una struttura più compatta, poco porosa, che non si presta alla stessa tecnica di preparazione. Lo spiega Francesco Savorani, ricercatore del Politecnico di Torino: «Ogni riso ha una sorta di impronta digitale: forma, disposizione, compattezza e distanza tra i granuli d’amido sono diversi e influenzano la resa finale».
Le misurazioni mostrano che il Carnaroli ha una porosità del 5,89%, contro il 5,79% dell’Arborio. Differenze piccole, ma rilevanti per chi cerca la perfezione nel piatto. L’Arborio, ad esempio, ha un chicco più grande e perlato, tende ad assorbire molta acqua e a gonfiarsi. Alcuni lo preferiscono per il risotto alla milanese, mentre altri puntano sulla maggiore resistenza alla cottura del Carnaroli. I gusti cambiano, ma la struttura del chicco resta.
Riso italiano, genetica e sostenibilità: cosa ci aspetta nei prossimi anni
Il progetto non si ferma alla cucina. Gli studi sono parte di un programma più ampio condotto dall’Ente Nazionale Risi, che punta a selezionare nuove varietà di riso in grado di affrontare le sfide climatiche e ambientali. In particolare, l’obiettivo è ottenere risi resistenti alla siccità, capaci di mantenere elevata qualità organolettica anche con minore disponibilità d’acqua. La ricerca genetica mira a migliorare l’impronta ecologica della risicoltura italiana, bilanciando esigenze produttive e tutela del gusto.
A parlare è Filip Haxhari, ricercatore dell’ente: «Stiamo lavorando su risi che rispondano meglio ai cambiamenti climatici, per garantire un’agricoltura sostenibile senza rinunciare alla qualità. Serve varietà che richiedano meno risorse ma mantengano le caratteristiche che rendono unico il risotto italiano».
I risultati della ricerca dimostrano anche il valore della filiera del riso italiano, che resta un punto di riferimento in Europa. Coltivazioni localizzate soprattutto in Piemonte e Lombardia, metodi di lavorazione consolidati, tecniche di selezione genetica attente: elementi che confermano la solidità di un patrimonio agricolo e gastronomico.
Chi prepara un risotto oggi, spesso senza saperlo, si affida a decenni di selezione, studi agronomici e prove sul campo. E se è vero che ogni varietà ha i suoi sostenitori – il milanese difende l’Arborio, chi ama una tenuta perfetta sceglie il Carnaroli – ora la scienza ha offerto un parametro in più per orientarsi. Basta leggere tra le righe della struttura interna del chicco.
