Olio scaduto, come capire se è andato a male: questi segnali ti dicono che è ora di buttarlo - ilmangione.it
L’olio extravergine d’oliva non è un alimento che scade come il latte o la carne. Anche se sull’etichetta si trova una data precisa, spesso compresa tra i 12 e i 18 mesi dall’imbottigliamento, non si tratta di una vera scadenza. È un’indicazione chiamata termine minimo di conservazione, che segnala fino a quando il produttore garantisce che l’olio manterrà il suo profumo e il suo sapore. Passata quella soglia, non diventa tossico, ma può perdere aroma, colore e benefici. È un fenomeno legato all’ossidazione naturale dei grassi, un processo lento ma continuo che modifica le caratteristiche organolettiche del prodotto. E anche se quell’olio è rimasto chiuso e mai aperto, il tempo può comunque alterarne la qualità.
Perché la data sull’etichetta non va letta come una vera scadenza
Le normative europee impongono di indicare la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro”, proprio per distinguere gli alimenti che col tempo perdono qualità da quelli che diventano pericolosi per la salute. L’olio fa parte della prima categoria. Una bottiglia dimenticata in cantina non provoca problemi all’organismo, ma può rendere sgradevole una pietanza per colpa dell’odore rancido o del sapore alterato. Il responsabile è l’ossigeno, che reagisce con i trigliceridi e innesca l’ossidazione. Con il tempo si sviluppano composti volatili che modificano il profilo sensoriale del prodotto. Il risultato? Un olio che ha perso il suo equilibrio, anche se è ancora sicuro da usare.
Un altro elemento importante è la presenza di polifenoli, molecole antiossidanti che rallentano l’irrancidimento. Più l’olio è giovane e ricco di polifenoli, più riesce a resistere al deterioramento. Ma questi composti non durano per sempre: si degradano, si riducono, e a quel punto l’olio perde anche parte delle sue proprietà benefiche. Per questo motivo le OSA (Operatori del Settore Agroalimentare) stabiliscono il TMC tenendo conto del tipo di olio, della varietà delle olive e del metodo di produzione. Non tutti gli oli sono uguali, né si comportano allo stesso modo col passare dei mesi.

Quando si apre una bottiglia dopo il TMC, è fondamentale osservarla, annusarla, assaggiarla. Se si avverte un odore pungente o metallico, o se il sapore è troppo amaro o ossidato, probabilmente è meglio non utilizzarla a crudo, ma impiegarla per cucinare, dove le alte temperature attenuano il gusto. In ogni caso, non è dannosa, e questo è un aspetto chiave per evitare sprechi e consumi inutilmente ansiosi.
Come conservare l’olio per farlo durare di più e non perdere aroma
Anche se l’olio non scade in senso stretto, la conservazione è decisiva per preservarne le caratteristiche nel tempo. La luce, il calore e l’aria sono i nemici principali. Una bottiglia esposta sopra ai fornelli, vicino alla finestra o su una mensola calda, inizia a degradarsi più in fretta. Il colore cambia, il profumo si affievolisce, i composti aromatici si alterano. Invece, un olio conservato al buio e al fresco, in una bottiglia scura o in un luogo riparato, può mantenere buone qualità anche oltre i 20 mesi.
La temperatura ideale si aggira intorno ai 20-22 gradi, con oscillazioni minime. L’ambiente non deve essere troppo umido né soggetto a sbalzi termici. Garage asciutti, dispense interne, cantine non riscaldate sono soluzioni adatte. Meglio evitare frigoriferi e congelatori: il freddo eccessivo può danneggiare la struttura dell’olio e comprometterne la fluidità. Anche le bottiglie trasparenti, pur esteticamente gradevoli, non proteggono dall’esposizione luminosa, che accelera la fotodegradazione.
Un altro consiglio utile è non acquistare bottiglie troppo grandi rispetto al consumo abituale. Più tempo resta aperta, più l’olio entra in contatto con l’aria e accelera il processo di ossidazione. Versare piccole quantità in una bottiglia secondaria più piccola può aiutare a ridurre il contatto con l’ossigeno. Anche il tappo fa la sua parte: deve chiudere bene, senza lasciare passaggi d’aria. Chi usa l’olio solo saltuariamente dovrebbe orientarsi su formati ridotti, anche se il costo al litro è leggermente più alto.
Molti produttori consigliano di fidarsi dei propri sensi, più che della sola data. Un olio ben conservato può sorprendere anche dopo due anni. Se al contrario ha fatto “cattiva vita”, potrebbe irrancidire anche in meno di sei mesi. Il naso non mente, e nemmeno il palato. Chi lavora nel settore lo sa: un buon olio si riconosce anche senza etichetta, soprattutto se viene da una filiera trasparente e da varietà locali ben lavorate.
