Prezzo per persona bevande incluse: 65 €
Recensione
Dopo un paio di recensioni più che positive da parte di colleghi mangioni e una contro prova portataci da una coppia di amici, io e la mia ragazza decidiamo che è arrivato il momento di provare la cucina de A Filo d’Acqua. Avendo già avuto qualche soffiata in merito ad alcune peculiarità del locale, optiamo per una visita infrasettimanale in modo da poter godere ed usufruire a pieno dei servigi del ristorante.
A Filo d’Acqua è situato sulla strada che da Iseo porta a Pisogne, subito dopo lo storico Le Palafitte, ad oggi in ristrutturazione.
Dall’esterno l’impressione è quella di un’abitazione privata, color giallo con infissi rossi, molto carina e caratteristica. Parcheggiamo l’auto sullo sterrato che costeggia il lago e, ancora un pochino timorosi di non essere nel posto giusto, giungiamo sino al cancello d’entrata.
L’insegna, se di tale si può parlare, è una piccola targhetta in legno con il nome del ristorante scritto in stile Nautica Riva. Suoniamo il campanello e subito arriva il titolare/maitre che ci accoglie e ci lascia scegliere il tavolo che preferiamo (saremo infatti gli unici clienti della serata, esattamente come avremmo voluto). L’ambiente, seppur piccolo in quanto costituito da un’unica piccola saletta, è molto elegante ed accogliente e nulla, neppure nell’arredamento, è lasciato al caso.
Le pareti sono di un rosso non troppo vivo, che richiama i colori delle comode poltroncine, e un po’ dappertutto è possibile ammirare fotografie e riproduzioni di alcune delle opere d’arte dello storico cantiere di Sarnico, Riva (a fine serata il titolare ci rivelerà essere una delle sue grandi passioni). La sala, che si estende longitudinalmente e consta di 7 tavoli per un totale di 28 coperti, ha sul lato dell’ingresso due finestre di generose dimensioni e, nella parte finale che guarda verso il lago, una finestra più grande che è il vero pezzo forte e valore aggiunto dell’arredamento. Da li, infatti, nella tarda parte della giornata fa capolino l’ultimo sole che, con i suoi raggi deboli ma allo stesso tempo intensi, fa risplendere la sala.
Scegliamo quindi uno dei tavoli per quattro persone, con vista lago, da cui vengono subito tolti i due coperti in eccesso. I tavoli non sono enormi ma, viste anche le esigenze logistiche dettate dalla location, non si può eccepire nulla. La mise en place è molto curata ed elegante: le tovaglie sono bianche e lunghe, le posate in acciaio ma in stile moderno e anche nei bicchieri, seppur in cristallo, è possibile denotare una ricerca di stile raffinato ma allo stesso tempo alternativo, particolare e mai dozzinale. Mancano invece sottopiatti e piattino per il pane, che però a mio avviso avrebbero appesantito troppo l’insieme. Altra nota di peculiarità che al posto delle solite e talvolta pacchiane composizioni floreali a centro tavola sia presente un rametto di peperoncino inserito in un piccolo vaso con dell’acqua.
Dopo poco il titolare ci offre un aperitivo, un brut dell’Oltrepo pavese. Dal perlage abbastanza fine e persistente non manterrà però quest’ultima caratteristica in bocca. Con il bollicine viene servito in tavola un piccolo vassoio contenente molte tipologie di pane fatto in casa, tra cui quello al rosmarino, alle cipolle, allo zafferano, al pomodoro, alle olive nere etc. (nota positiva che il vassoio del pane ci verrà cambiato durante la cena, insieme alle seconde portate, sebbene non ne avessimo terminato neppure la metà).
Dalla cucina l’amouse bouche costituito da una tartare di gamberi con crema allo yogurt e uova di salmone: sotto forma di tortino arriva questa delicata entree dai sapori ben equilibrati e delicati.
Dopo aver consultato i menu, che presentano la possibilità di scegliere tra cinque/sei piatti per portata, equamente divisi tra quelli a base di carne e di pesce, io opto per un antipasto ed un primo mentre la mia ragazza per un primo ed un secondo. La carta dei vini merita una menzione a parte: seppur non ampissima e limitata per lo più ai nazionali, è divisa tra bianchi, rossi, bollicine e da meditazione ed in seguito riporta i vini in base alle regioni e per ogni vino sono riportati il produttore, il nome, l’uvaggio, la vinificazione e l’annata. Per la nostra cena scelgo dal Friuli una ribolla gialla di Dorigo del 2004: dalle note floreali e di fruttate, molto sottili ed eleganti, con una buona persistenza retro olfattiva.
Arrivano quindi per me dei filetti di triglia con tartare di fragole e nuvola di sedano: i filetti di pesce, tiepidi, sono adagiati su di un letto di tartare di fragola e sedano. Ho scelto questa portata incuriosito dal particolare abbinamento che alla fine si è rivelato molto intrigante e stuzzicante, non solo per il palato. La mia ragazza assaggia invece i tagliolini agli asparagi con mandorle, pinoli e pancetta croccante: la pasta al nero di seppia è accompagnata da un condimento dai sapori contrastanti ma sfiziosi nell’insieme.
Come seconda portata per la mia ragazza arriva il filetto di manzo al Barbera con cipolle dolci di Tropea e patate: la carne, in generosa quantità, tenera e saporita, viene impreziosita ulteriormente dalla riduzione nel rosso piemontese e gustata con la dolcezza delle cipolle calabresi.
Ecco che giunge per me il pezzo forte della serata, risotto mantecato al bagoss con aceto balsamico: quando ne ho l’opportunità e la voglia scelgo volentieri di provare i risotti in quanto credo siano abbastanza indicativi dello stile e della maestria dello chef. Per preparare un risotto nella media non ci vuole sicuramente uno “stellato”, ma proporne uno che lasci pienamente soddisfatto il cliente e che lo invogli a tornare nel locale, non è certo cosa da tutti. Devo dire che in questo caso Luisa, l’altra socia titolare che da sola gestisce tutta la cucina, ha fatto davvero un lavoro egregio: il riso è cotto alla perfezione e la mantecatura rivela tutto il gusto del formaggio che viene poi ben equilibrato dall’aceto.
Prima dei dolci ci viene portato un piccolo pre – dessert: mousse di pera con scaglie di cioccolato.
Come dolce scelgo il tortino morbido al cioccolato con cuore fondente e crema al passion fruit: dolce molto inflazionato negli ultimi tempi ma che non riesco mai a non ordinare, e anche in questo caso la scelta è stata azzeccata. La mia ragazza ordina invece la crème brulè alla vaniglia, tabacco e caffè: le vengono portate delle ciotoline contenenti le tre varianti sul tema e, su consiglio del titolare, da assaggiare secondo il preciso ordine vaniglia, tabacco e caffè. Tutte e tre le tipologie erano squisite, con particolare menzione per quella al caffè.
Con i dolci il titolare ci offre un bicchiere di Moscato di Scanzo dell’Azienda Agricola Biava, una delle più famose nella produzione di questo ottimo nettare proveniente da Scanzorosciate.
Ordiamo poi due caffè, con i quali ci viene portata la piccola pasticceria consistente in circa otto dolcetti di vario tipo. Menzione a parte va fatta per il servizio da caffè, Villeroy and Boch che, ancora una volta, come per tutto il resto dell’arredamento e della mise en place, conferma questo stile particolare, elegante ed alternativo.
Durante tutta la serata, visto che siamo stati gli unici avventori, ci è stato possibile parlare amabilmente con il proprietario e discutere di vari argomenti tra cui enologia e gastronomia bresciana, per poi scendere nel particolare, quando anche la chef ci ha raggiunto in sala, del perché di alcune delle loro scelte, sia a livello di gestione che di cucina, che li hanno portati a creare dal nulla, e soprattutto non avendo altre esperienze pregresse in ambito di ristorazione, un locale di alto livello con un tipo particolare di clientela che ami passare due e più ore a tavola, venendo coccolata dal servizio e dalla cucina.
In conclusione devo dire che è stata davvero una piacevole scoperta, anche se un po’ tardiva visto che l’apertura risale a più di un anno fa, ma come si dice: “meglio tardi che mai”.
Chicca finale, proprio prima di uscire, il conto viene portato al tavolo con una rosa nel piattino.
Conto totale per due 130€, di cui 20 per il vino.
Prezzo per persona 65€.
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