Cena romana per tre: va dove ti porta il Gambero (...

Recensione di del 03/01/2007

L'Arcangelo

70 € Prezzo
8 Cucina
8 Ambiente
7 Servizio
Rapporto qualità/prezzo: Normale
Prezzo per persona bevande incluse: 70 €

Recensione

Cena romana per tre: va dove ti porta il Gambero (quello Rosso: ma cartaceo, non del Mediterraneo). Il primo istinto è “L’altro Mastai”, ma quest’anno han deciso di far festa proprio nella settimana in cui volevo recarmi da loro (la prima del 2007), motivo per il quale sarà soprattutto il forum del predetto Gambero a guidarmi. Lì amano spassionatamente l’Arcangelo, e allora: che Arcangelo sia.

Via Giacomo Gioacchino Belli è una strada che sta tra piazza Cavour e piazza della Libertà, parallela a Cola di Rienzo (bello shopping) e traversa del lungotevere: il mio approccio al quartiere Prati, insomma, è dei migliori.

L’Arcangelo: ma è un ristorante o una biblioteca? L’ambiente, in effetti, un po’ richiama una sala di lettura di un circolo inglese del golf, di quelli caldi e un po’ nobiliari. Belli i colori pastello delle pareti, mi piace il calore del legno scuro, il pavimento in cotto, l’illuminazione potrebbe essere più in linea (abat-jour che possono non piacere) per quanto concerne l’estetica ma più che corretta in quella che è la sostanza. Mis en place da bonus: tavolo molto ampio, tondo, tovagliato bianco (stirato), sottopiatto di vetro lavorato, posateria Broggi e cristalleria di qualità e design. Bravi! Si nota una evidente scarsità di spazio tra i tavoli, ma non per il nostro, posto quasi “in solitaria” vicino l’ingresso.

Accoglienza titubante: arriviamo un quarto d’ora prima della prenotazione e al nostro tavolo sono seduti amici dei proprietari. Imbarazzo leggero, vengono prontamente presi in custodia i nostri cappotti – mentre il tavolo si libera – et voilà, siamo già entrati nell’atmosfera informalmente curata di questo ristorantino che, di primo acchito, mi piace!

I menu si presentano con una bella riproduzione in copertina (Francesco Maggiotto e Giovan Battista Volpato; “All’osteria”; Acquaforte, Forgiano, raccolte d’arte del Museo del Vino). Una degustazione “romana”, una carta del foie-gras («Perché è un piatto tipicamente romano! – ci spiegherà Arcangelo, titolare – Fegato viene da “ficatum”...» e via di seguito con il racconto di come i romani rimpinzavano di fichi le anatre per addolcirne il fegato, appunto.), cinque antipasti e primi, sei secondi, i dessert. Paiono spropositati (impressione riconfermata a fine cena) i prezzi degli antipasti e dei dolci, in linea primi e secondi. Mentre le mie due commensali scelgono alla carta, io lascio “carta” bianca alla cucina: "faccino" loro! La carta dei vini risulta interessante per capacità di spaziare su diverse categorie di vini, cercando comunque sempre di puntare sul rapporto qualità/prezzo. Propendo comunque per abbinamenti al calice.

E via alle danze.

Appetizer.
Polentina otto fila cacio e pepe.
Gradevole e gustoso inizio, con la chiara impronta romana (profumi notevoli e sapori decisi) smorzata in una composizione di ottima polenta.

Antipasto.
Polpette di baccalà e pappa al pomodoro, salsa di burrata e mentuccia. Frittura delle polpettine asciutta e piacevole, baccalà di buona sapidità e correttamente integrato con pinoli e uvetta (all’interno). L’abbinamento con le restanti parti del piatto è gradevole, ma non ottimale nè stravolgente. Avrei volentieri chiesto il “filo conduttore” della composizione. Voto: 8 più.

In abbinamento un Fiano prodotto (?!) da Arcangelo medesimo nel casertano: il vitigno è giovane ed il vino, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe da un Fiano, risulta fresco e gradevole anche come inizio.

Primo primo.
Tonnarelli cacio e pepe.
Profumi eccellenti, un cacio di qualità strepitosa, pasta tirata in casa dalla cottura perfetta. Voto: 8/9

In abbinamento uno Chardonnay di Planeta 2005: quando lo vedo dico «Bah!», quando lo bevo dico «...». Meglio tralasciare.

Secondo primo.
Zuppa di birra, fegato grasso e mele al mosto cotto.
Erotismo e lascivia per la miglior scaloppa del 2007 (facile), del 2006 (difficile) e pure del 2005 (cipicchia!). Voto: 9 più.

In abbinamento Oro di Moroder, Verdicchio da uve stramature. Perfetto.

Secondo.
Trippa di vitello alla romana.
Semplice e gradita, ottima materia prima, buona esecuzione. Voto: 7/8.

In abbinamento un rosso che non lascia traccia, se non per una eccessiva aggressività sul palato.

Dessert.
Millefoglie alla crema classica e frutti di bosco.
Non me l’aspettavo, eppure questo dolce riesce ad essere di una leggerezza disarmante. Voto: 8 più.

In abbinamento un calice di Moscato d’Asti: ne ho bevuti di migliori.

Per concludere un buon caffè (divertente la presentazione, con tazzina coperta), dei buoni biscotti artigianali, una grappa (buona!) offerta dopo la richiesta del conto e una nota di merito al pane: stuzzicante.

Che dire dell’Arcangelo?
Cucina solida con sprazzi di tradizione romana di estremo livello, materia prima curatissima e preparazioni evidentemente di levatura. Oltre alla cucina, però, solo l’ambiente. Il servizio potrebbe essere rivisto, in quanto oscilla tra imprecisione, formalismo e familiare cordialità, a seconda di chi si avvicini al tavolo: forse si dovrebbe stabilire un registro unico. Resta l’impressione che 70 euro a testa siano un pelino troppi (nell’ordine dei 5/7 euro) per quanto avuto in cambio, soprattutto in virtù degli abbinamenti al calice non felicissimi. Ma rientra nella categoria dei peccati veniali.

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