Sabato ore 21:30, cena in due.

Entrando...

Recensione di del 30/04/2005

Il Pagliaccio

83 € Prezzo
9 Cucina
9 Ambiente
7 Servizio
Rapporto qualità/prezzo: Normale
Prezzo per persona bevande incluse: 83 €

Recensione

Sabato ore 21:30, cena in due.

Entrando nel locale, veniamo accolti dal cameriere in un’ampia sala arredata con gusto, con diverse composizioni floreali e pagliacci di vetro colorato adagiati su credenze di legno scuro, con un piccolo salottino con due poltrone per le attese, con un paio di tavoli apparecchiati ma non utilizzati, la cassa e il carrello dei formaggi. In fondo a questa sala due porte con oblò lasciano intravedere la cucina. Ai lati si aprono altre due porte: una conduce in un salottino con libreria per il dopo caffè, l’altra alle sale ristorante. In tutto il locale un bellissimo pavimento in marmo d’epoca a scacchiera bianco e nero, soffitti in legno con travi a vista, retaggio delle ville da cui, con una ristrutturazione, è nato il locale e dipinti di simpatici pagliacci alle pareti.

Veniamo accompagnati nella più piccola delle sale dove, al tavolo prenotato in mattinata, il personale si offre di prendere in custodia le giacche. La tovaglia lunga fino a terra é di un grigio chiarissimo con tovaglioli identici, sulla tavola ci sono bicchieri a calice Spiegelau, bicchieri da acqua Riedel, posate Sambonet, dei grandi piatti dipinti a mano, una piccola candela, un piccolo vaso con una calla e sassi di vetro verde. Ottima la distanza tra i tavoli, che forse risultano un po’ piccoli, ma i toni di voce piuttosto alti di un tavolo di sette persone (insieme alle performances liriche di un avvocato) hanno a volte disturbato la nostra conversazione. Vi sono in carta quattro proposte per ogni portata. Il menú propone anche due percorsi degustativi a 65 e 45 euro che non sono formati con le voci della carta, ma i cui piatti sono ordinabili separatamente. La lista dei vini é composta da bottiglie anche di buona importanza con ricarichi medio-alti. Vista la disponibilità di vini al bicchiere, ci affidiamo alla sommelier per accompagnare ogni piatto. L'acqua é servita durante la consultazione del menú e correttamente aperta al tavolo. Le bottiglie di vino degli altri tavoli sono prima assaggiate dalla sommelier e successivamente proposte in prova ai clienti.

Il pane viene portato su un vassoio e servito nei piattini presenti al tavolo, si può scegliere tra grissini, carta musica, pane bianco, pane integrale e focaccine; tutte preparazioni eseguite da loro, molto buone, solo i grissini un po’ deludenti.

La cena si apre con l’offerta di un appetizer di pancetta di maialino croccante con purea di sedano e erbe amare, in abbinamento un bicchiere di ribolla gialla di Le vigne di Zamó del 2003. Il corposo trancetto di pancetta tiepido si accompagna molto bene alla delicata purea di sedano. Le erbe risultano troppo amare per i miei gusti ma devo ammettere che l’accostamento è più che sensato.

Manteniamo lo stesso vino per l’antipasto, manzo in quattro bocconi per me e zuppa fredda di carciofi al profumo di mentuccia con sfoglia croccante di riso e triglie per la mia ragazza. Il manzo in quattro bocconi è servito in un piatto quadrato, agli angoli sono presenti un tramezzino con filetto scottato, mozzarella, pomodoro e basilico; una ciotolina con una composta di pomodori sopra la quale è poggiato uno yakitori (spiedino) di manzo e cipollotto; una fetta di carpaccio sopra del riso basmati con olio al basilico; un cucchiaio di ceramica con della tartare e una composta d’uovo. Al centro del piatto un bicchierino con del tè freddo al pomodoro. Quattro sapori semplici ma diversi, legati dalla carne e inframmezzati dallo strano gusto del tè, un piatto che fa davvero da antipasto, cioè stuzzica ed incuriosisce, caratteristiche che troppe volte mancano.
La zuppa fredda ha buon sapore di carciofi con un flebile retrogusto di menta, la sfoglia di riso assomiglia alle nuvole di drago dei ristoranti cinesi e le triglie sono ottime, presente anche un tortino di fegatini che però alla mia ragazza non piacciono, se fossero stati presenti nella descrizione a menù del piatto li avrebbe fatti eliminare.

Solo io prendo il primo, dei cannelloni con astice e carciofi gratinati, passata di pomodoro fresco al coriandolo. Tre cannelloni guarniti con una ribollita asciutta di verdure e conditi con olio al pomodoro secco. Sapori troppo forti che coprono totalmente il sapore dell’astice. Il piatto è buono e con una giusta punta di piccante, ma il sapore che dovrebbe comandare è totalmente sopraffatto dalle verdure e dal sentore di pomodoro secco. Un po’ troppo “pasticciato”. In abbinamento mi viene proposto un vino bianco siciliano che però all’assaggio non mi convince per un retrogusto troppo amaro, così la sommelier lo sostituisce con un pinot grigio alsaziano che gradisco maggiormente.

Come secondi ordiniamo un piccione in casseruola alle mandorle, purea di piselli all’arancio e un baccalà al vapore con scorze al limone, salsa di patate affumicata. Ottimo il mio piccione, i petti ancora rosati all’interno con un leggero sentore di mandorla, le cosce avvolte in pasta fillo e poi fritte restano della giusta croccantezza che invita a sgranocchiarle con le mani, nel piatto dei piselli verdi molto buoni e al centro un tortino formato da uno strato di funghi e coperto dalla purea di piselli, tutto molto buono. In abbinamento un cannonau in purezza Dule di Gabbas, vendemmia 2002 con un finale di ciliegia sotto spirito. Il baccalà della mia ragazza è molto delicato, perfettamente supportato dai sapori di limone e dalla salsa di patate, per lei un calice di vino bianco meridionale di cui non ricordo il nome, ma dal sapore tipico di tardivo.

Ci vengono proposti i formaggi, assaggio un caprino, un pecorino invecchiato in vinaccia e un gorgonzola naturale serviti con del miele. I primi due accompagnati da un calice di muffato bianco mentre con lo zola viene proposto uno sherry (molto buono).

Mentre scegliamo i dolci siamo incuriositi da una proposta di un menù degustazione, delle arance calde al cardamomo con sorbetto di tè Earl Grey. Vista la passione della mia ragazza per i tè chiediamo che ci venga portato un assaggino di sorbetto. Arrivano due coppette con il sorbetto di ottimo il sapore, chiaramente avvertibile il tè.

Continuiamo quindi con flan al cioccolato, mousse di banane, arachidi arrosto per me e fragole saltate con aceto di lamponi, meringa al pistacchio per la mia ragazza. Eccellente il mio dolce, nel piatto un bicchierino con il flan di cioccolato circondato dalla vaporosa mousse alla banana con le arachidi a fare da contorno. Sapori magistralmente accoppiati ed esecuzione perfetta. Ottimo anche l’altro dolce scelto, le fragole saltate erano accompagnate dall’aceto ai lamponi servito in un bicchierino a parte, quest’aceto anche assaggiato a parte non era per nulla aggressivo ma molto bilanciato. Insieme ai dolci due calici di vino santo trentino. Non prendiamo i caffè ma ci viene offerta una ottima piccola pasticceria molto curata e di gran varietà.

Riepilogando: una bottiglia d’acqua EUR 2,5; nove calici di vino EUR 41; due antipasti EUR 16 cadauno; un primo piatto EUR 18; due secondi piatti a EUR 20 e 18; formaggi EUR 6; due sorbetti EUR 4 cadauno; due dolci EUR 10 cadauno hanno dato un totale di EUR 165,50. Non eccessivamente economico ma assolutamente non caro per la fascia in cui si pone il ristorante e soprattutto in relazione a quanto bevuto.

L’ambiente è molto raccolto e simpatico. Il servizio non ha una spiccata connotazione professionale ma è abbastanza attento, unica pecca l’eccessiva lentezza. Ci verrà poi spiegato che il collo di bottiglia creato in cucina è stato causato da un tavolo numeroso (lo stesso che a volte interrompeva la nostra conversazione) che si è presentato con oltre un’ora di ritardo sconvolgendo così i ritmi. Giustificazione accettabile, ma i ritardi nel presentare i menù, o nel ritirare i piatti terminati, o nel portare il carrello dei formaggi restano e non sono imputabili alla cucina. Una piacevole chiacchierata con il maitre ci permette di scoprire le differenze tra la ristorazione milanese e quella romana e i pareri su alcuni ristoratori conosciuti da entrambi ci fanno scoprire molte opinioni in comune. Ci spiega poi che Anthony Genovese, il cuoco che propone una cucina abbastanza innovativa e con ingredienti di qualità, ha lavorato con Carlo Cracco all’enoteca Pinchiorri. Ci fa anche scoprire che l’artefice dei meravigliosi dolci e dei pasticcini è Marion Lichtle, raramente ho concluso un pasto in crescendo come questa volta. Il nove alla cucina è quindi il risultato della media tra l’otto assegnato alla cucina salata e il dieci della cucina dolce. Non da sottovalutare l’idea della mia ragazza di condurre una cena composta solo da portate dolci.
Un ottimo ristorante, da consigliare.

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