Prezzo per persona bevande incluse: 30 €
Recensione
Una sera infrasettimanale. Un affiatato gruppo di dieci colleghi di lavoro che, per tradizione, dopo alcune fatiche lavorative vuole festeggiare attorno ad un tavolo. Sono questi i presupposti che ci hanno portato, mercoledì 8, giusto al Ristorante "La Poiana", a Poiano, due passi fuori Verona cominciando a risalire verso i monti lungo la Valpantena.
La scelta nasce dal suggerimento di un altro collega. Nessuno di noi conosce il locale, quindi accettiamo di buon grado l'indicazione.
Il ristorante è ospitato all'interno di una villa seicentesca, immersa nel verde: bell'inizio per una serata all'insegna dell'allegria.
Il locale ospita una cinquantina di coperti all'interno di tre sale, e una ventina sotto il porticato esterno. Noi ci accomodiamo dentro.
L'ambiente è decisamente gradevole, si respira aria di antico. La tavola è apparecchiata con tessuti sui toni del giallo, doppia posateria e doppi bicchieri. Il menu ci viene presentato su un unico foglio, la scelta non è amplissima, ma i titoli sono abbastanza stuzzicanti, così procediamo con l'ordinazione.
Innanzitutto il vino: scegliamo del rosso sfuso, tutto sommato gradevole, ma antipaticamente proposto (come spesso accade) a 8 euro a litro. Seguono alcune bottiglie di acqua minerale.
Optiamo intanto per una scelta di tre primi: lasagnette con finferli e porcini, ravioli al basilico con ricotta affumicata e bigoli con ragù di lepre, chiedendo di avere i primi due nel piatto e i bigoli serviti a parte, visto che non piacciono a tutti.
E qui inciampiamo la prima volta. La cameriera non ha capito, nel piatto troviamo bigoli e lasagnette, nei vassoi i ravioli.
Secondo inciampo: la cameriera precisa "attenzione, ci sono tre ravioli a testa"! Ma come? Una portata servita nei vassoi e contata? Ci saremmo aspettati piuttosto che oltre ai vassoi sul tavolo ci venisse offerto un ulteriore giro.
Veniamo alla qualità: le lasagnette sono buone, condimento delicato, i bigoli sono (a mio giudizio) dei normali spaghetti, per altro troppo al dente, il cui condimento non dice nulla di particolare; va un po' meglio con i "tre" ravioli, conditi con un sugo di pomodoro e "innevati" dalla ricotta grattugiata.
Passiamo ai secondi. Il locale è noto per la carne alla brace (e in effetti nella lista sono diverse le voci di tipo "tagliata"). Io scelgo una tagliata alla brace "normale", qualcuno quella al tartufo o quella di cavallo, poi arriva una fiorentina (in due) e un tomino alla piastra. Tutti i piatti prevedono i contorni "incorporati", ma sono due bocconi in tutto, giusto per riempire le porcellane.
La mia tagliata è buona e morbida, ma altri lamentano porzioni al limite dell'assaggio e carne dura; la fiorentina invece sembra raccogliere ampi consensi. In generale, comunque, ci guardiamo tra di noi, un po' delusi dall'impianto complessivo.
La cameriera nel frattempo è sparita, non si preoccupa della nostra soddisfazione, né chiede se desideriamo qualcos'altro. Torna soltanto quando siamo noi a chiedere il dessert: arrivano alcuni semifreddi alla sambuca e crema di caffè, una torta di frutta e del salame di cioccolato con zabaione. I dolci sono serviti in modo un po' approssimativo, le posatine vengono quasi "gettate" in fianco ai piattini, insomma anche qui una piccola caduta di stile. Peccato, la qualità dei dessert non sarebbe male (sulle porzioni, ancora una volta, soprassediamo).
Cinque caffè concludono la cena.
Chiediamo il conto e ci ritroviamo a pagare 30 euro a testa. Non sono una follia, ma per quella cifra ci saremmo aspettati qualcosa di più, in termini di qualità, porzioni e qualità del servizio.
Pazienza, per la prossima cena l'affiatato gruppo di colleghi ha già un mente qualche locale alternativo a questo.
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