Prezzo per persona bevande incluse: 28 €
Recensione
Stanco dei cibi unti e pasticciati delle feste natalizie, decido di mangiare leggero e di tornare, dopo la mia prima visita risalente a circa tre anni fa, al Fujiyama, uno dei pochi ristoranti giapponesi a Monza. Non ne conservo un buon ricordo ma, dopo aver letto le due recensioni molto positive presenti sul portale, penso valga la pena riprovare.
L'ambiente conferma i miei ricordi: freddo come arredamento, freddo come temperatura, e con un odore di fritto penetrante. Pareti rosine, applique con rivestimento in carta e disegni in stile orientale, tavoli e sedie plasticosi più adatti a un bar che a un ristorante giapponese. Due salette, con un totale di circa 12 tavoli. Una delle due quando arrivo è praticamente piena. Il locale è ben frequentato da coppie di giovani che chiacchierano in maniera discreta.
Il menu presenta i classici nigirushi, makisushi, chirashizushi, sashimi (tonno, salmone, orata, gamberi), alcune zuppe (di funghi, di frutti di mare), tonno scottato, pollo con cipolle, pesce al vapore, gamberoni alla griglia, pollo fritto, pollo saltato con cipolle, riso saltato con verdure e gamberi, zuppa di udon con uova e gamberi, e poco altro. Una proposta molto base, priva di piatti originali o ricercati. Sono presenti menu a prezzo fisso sia per pranzo (intorno ai 12-15 euro), sia per cena (intorno ai 35 euro).
Ordiniamo in due:
Due porzioni di tonno scottato (12 euro cadauna)
Udon saltati con gamberi e verdure (9 euro)
Makisushi di gamberi al vapore (12 euro)
Birra Sapporo da 50 cl (5 euro)
Come antipasto ci vengono offerte due ciotoline: una con salmone in carpione, discreto, l'altra con insalatina di alghe e funghi, che assaggiamo appena.
Il tonno scottato è servito in una scodella con un'insalata di cavolo bianco. La porzione è abbondante, non riusciamo a terminarla, anche perché il tonno è freddo di frigo e pregno del sapore della marinatura a base di soia in cui è stato probabilmente lasciato per ore. Non è il solito tonno appena scottato con crosticina di pepe nero o di semi di sesamo che siamo abituati a gustare nei ristoranti giapponesi. Non ci piace, forse più per colpa della ricetta che per la qualità del pesce, comunque non eccelsa.
Gli udon saltati con gamberi e verdure sono decisamente gustosi anche se ricordano più un piatto cinese che giapponese.
I makisushi di gamberi presentano un eccesso di riso, peraltro troppo colloso. Il sapore del gambero, quasi invisibile, praticamente non si avverte.
Il servizio è molto cortese, le cameriere sono sorridenti e fanno del loro meglio. Alla fine della cena ci regalano anche uno "splendido" calendario giapponese del ristorante che ora troneggia su un lato del mio frigo.
Sono però costretto a segnalare delle magagne.
- Il sushi man, costretto a lavorare in un pertugio, con poco spazio a disposizione, accumula ritardi nella preparazione dei piatti, prolungando in questo modo l’attesa dei clienti, che si aspetterebbero un servizio più celere considerate le esigue dimensioni del locale.
- Nel corso della cena, la proprietaria portandomi via i piatti, mi serve anche della birra dalla mia lattina (?) di Sapporo in modo da terminarla e portare via anche quella: ma il movimento è maldestro e la birra rimasta nel fondo della lattina mi viene versata tutta sul braccio. Niente di grave, per carità. Però mi sarei aspettato mi offrisse una birretta per scusarsi. Zero.
- Quando ordino il makisushi di gamberi mi viene spiegato che posso scegliere tra gamberi fritti e al vapore: io chiedo di avere un mix dei due, ma mi viene detto (gentilmente) che non è possibile, che devo scegliere. Capisco dopo il perché, quando mi portano il sushi: probabilmente per un intero roll (suddiviso poi in otto maki) usano UN solo gambero!
Con il coperto di 3 euro paghiamo 28 euro a testa. Senza caffè, dividendo una birra, saltando il dolce. Il rapporto q/p, che già nei ristoranti giapponesi è solitamente poco favorevole se confrontato con i ristoranti italiani di pesce (per via dell’“effetto moda”), qui purtroppo diventa davvero scarso.
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