Ho una passione di lungo corso per i ristoranti de...

Recensione di del 05/01/2006

La Locanda di Piero

59 € Prezzo
8 Cucina
8 Ambiente
9 Servizio
Rapporto qualità/prezzo: Normale
Prezzo per persona bevande incluse: 59 €

Recensione

Ho una passione di lungo corso per i ristoranti degli affiliati ai Jeunes Restaurateurs d’Europe: fermo il fatto che tra un locale e l’altro si possono trovare ampie differenze nelle linee di cucina e in altre impostazioni, ritrovo sempre un buon equilibrio tra qualità, ricerca, servizio e prezzi. In buona compagnia nella provincia di Vicenza, La Locanda di Piero non fa eccezione: non si tratta di quei luoghi che si ricordano con il brivido lungo la spina dorsale, ma è l’ideale per chi, abituato alla tradizione, voglia avvicinarsi senza danni ad una cucina meno banale, prima di passare a piatti meno mediati e a sperimentazioni più audaci.

Si sta bene in questa casa di campagna, meglio ancora nella veranda con le travi a vista che guarda fuori, verso campi. Due caminetti con le fiamme scoppiettanti a temperare il freddo della serata di gennaio, bei tappeti, luci soffuse e tavoli alla giusta distanza ne fanno un luogo ideale per la coppia in cerca di una sosta romantica. Peccato che a poca distanza da noi ci sia una famigliola con bimba e teenager muniti di regolamentare giochino elettronico; nulla di grave, se non che il più impegnato con la tastiera è proprio il padre, entusiasticamente orientato al risultato!
Allo stesso tempo, la presenza di queste persone, ci fa pensare che siamo lontani da un ambiente formale ed ingessato. Difatti il personale, a partire dal cordiale maitre-sommelier, è discreto, veloce e gentile, senza alcuna invadenza di troppo e con il sorriso vero, diverso da tante espressioni tanto forzate che sembrano di plastica.

Niente aperitivo per oggi, né menu degustazione, dopo i fasti nefasti delle libagioni natalizie: iniziamo subito con la consultazione della carta dei vini, ben composta, con ricarichi non esattamente popolari ma ancora tranquillamente nei limiti. La scelta cade sulla Rebula, ribolla gialla dello sloveno Movia, tra i miei preferiti, annata 2000 che si nota dal bel colore carico. Ancora perfettamente integra, si apre pian piano fino a regalare piacevoli note di agrumi, una bella mineralità e una interessante vena sapida: i 25 €, per me, li vale.

Inizio soave, con una frittatina dalla splendida consistenza drogata di panna: il benvenuto dalla cucina consumato dopo aver saccheggiato l’alzatina con gli ottimi pani.
Tra gli antipasti, buona la tartara di manzo con insalatina di carciofi e pepe di Sheguan, intramontabile e ben eseguito classico, appannaggio di mia moglie.
Più interessante il piatto di mare secondo l’interpretazione della locanda, con tabulé vegetale.
Avrei preferito che il piccolo cilindro di ottimo cuscus con verdure, servito al centro del piatto, fosse stato leggermente tiepido e non freddo. È un piccolo neo, perché la tartara di tonno è perfetta,
così come la marinatura dell’anguilla “in saor” con il tipico intingolo a base di cipolla, uvetta e pinoli. Ghiotto e dalla carne leggermente grassa e dolce il luccioperca, servito con una salsa a base di colatura di alici e spezie a bilanciare i toni.

Se c’è una certa delusione per i ravioli di zucca con verdure, mandorle e tartufo nero, non per colpa di una cattiva esecuzione o di materie scadenti, anzi, ma a causa della presenza di quest’ultimo in particelle infinitesime e irrilevanti all’olfatto, è magnifica la crema di topinambur con le capesante, con l’inconfondibile gusto del tubero ad accompagnare con grazia la consistenza dei molluschi.
Il controllo dell’immissione calorica intima la rinuncia al secondo: peccato perché c’è più di uno spunto interessante.
Dei dessert però, non si può e non si deve fare a meno: è all’insegna di una elegante opulenza, per nulla stucchevole, il Monte Bianco accompagnato da una salsina di cachi.
Bella presentazione e notevole impatto anche per i cioccolati di Domori proposti in diverse temperature: aerea la spuma lievemente piccante, goloso il tortino con cuore colante di cioccolato bianco e solo un po’ meno convincente, per una consistenza non perfetta, il semifreddo.
La piccola pasticceria, servita con un gradevole caffè è piuttosto buona, anche se non denota particolari guizzi di creatività.
Al momento del conto una gradita offerta compensa la mancata sosta al tavolo dello chef, impegnato a chiacchierare con un piccolo gruppo, con il quale avrei scambiato volentieri qualche battuta sulla cena: l’assaggio di rhum agricolo, ben accompagnato da scaglie di cioccolato, allieta l’animo, e mi convince di aver passato una serata come si deve e la percezione che, con una piccola dose di ardimento in più in cucina, la sosta alla Locanda di Piero sarebbe ancora più gradevole.

(Marco Colognese)

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