Ero in zona, sono sushi addict e mi sono fidato della recensione di una coppia di "buongustai": a loro offro e chiedo perdono.
Condivido l'impressione sull'ambiente da IKEA senza atmosfera, tipo MITROPA (ristoranti economici, Bulgaria anni '80).
Servizio con sorrisini di plastica, più cinesi che giapponesi.
Noto infatti, con orrore, due lanterne rosse con scritte cinesi: la cameriera e la sua capa inoltre parlano italiano con i sushi-chef, forse gli unici giapponesi.
Questi ultimi, poi, hanno un'aria vagamente annoiata e svagata: uno di loro deve soffrire di mal di piedi, viste le smorfie.
Dalla cucina fanno capo dei cingalesi (almeno 3), che porgono dei vassoi di cibi preconfezionati, che i giapponesi assemblano alla bene-meglio.
Nella vetrinetta dei sushi. I filetti esposti, pietosamente coperti con panni-carta, non hanno un'ottima cera.
Sugli scaffali si notano salse e zuppe che riempiono bottiglie riciclate di acqua minerale in PET.
Le alghe sono conservate in scatole di cioccolatini, anch'esse riciclate.
Arrivano i piatti.
Un menù di sushi misti e uno sakedon.
Senza infamia e senza lode.
Col menù viene servito un bicchiere con un gambero e un uovo crudo: mi ricorda la minestra di occhi di Indiana Jones e il tempio maledetto. Intimorito, allontano il bicchiere.
Acqua San Pellegrino, unica nota di classe.
Conto 27,90 Euro: adeguato.
Mi sono dilungato sulle note d'ambiente perchè sono sensibile alla autenticità dei locali, indipendentemente dal livello.
Mi sembra difficile trovare autenticità in un locale gestito da cinesi (alla cinese), che hanno assunto dei cingalesi e un paio di giapponesi a copertura.
La zona è molto frequentata e qualche avventore di passaggio lo si trova sempre.
