Arriva una nostra amica dal Canada, e ci si trova in un gruppo ciacolante di comari, tra cui mi intrufolo io, unico maschietto. La prenotazione viene fatta da una signora del gruppo, presso questo ristorante di recente apertura.
All’ingresso, un banco reception in legno scuro, dall’aspetto rustico, dietro il quale si vede il bancone della pizza, che pur fanno, ma non la considererei una pizzeria, e della mescita caffè e liquori..
L’arredamento è un particolare connubio tra rustico, modernissimo alluminio e liberty, il tutto incastonato all’interno di due sale, ma forse dovrei dire una dato che sono ampiamente collegate, con volte altissime, una a mattoni a vista e un’altra con una curiosa decorazione. Alle pareti, uno spugnato a
trama larga di un color arancione brillante.
Il posto è luminoso, con tavoli ben sistemati, sedie laccate nere tipo primi ‘900, panche, imbottiti: insomma, non c’è una costante fissa nei mobili.
Doppio bicchiere, tovaglie e piatti bianchi, posate ragionevoli, tovaglioli e sottopiatto in stoffa
bianca.
Il menù non è amplissimo, ma contiene una ragionevole serie di proposte, sia nei primi sia nei secondi, entrambi divisi tra “terra” e “mare”, oltre a una corposa lista di pizze e focacce, e a un bella scelta di insalate. Il vino può essere fornito a bicchiere.
Tutto il menù è dichiaratamente toscaneggiante, tant’è che la frase sotto al nome recita “mangiarini toscani”, con alcuni piatti abbastanza inconsueti.
Tra tutti, prendiamo dei Testaroli al pesto con porcini, della pasta larga con un sugo di carne, un risotto, e due insalate, una Caesar di pollo e pancetta e una “esotica” con gamberi e verdure varie. I miei testaroli sono buoni, ben cotti, poco gelatinosi, sodi, e il pesto è saporito e gustoso. Buoni i porcini, in quantità non abbondante in un piatto dalle dimensioni appena corrette. Comunque, buono.
L’insalata e il risotto ricevono plausi, mentre la pasta viene mangiata senza commenti.
Di secondo, alcuni di noi prendono del formaggio con pere e caramello, e io un “carpaccione con scamorza e trevisana” . Qui il discorso si fa più modesto: la carne è buona, ma decisamente in quantità risibile, tre o quattro fettine di roast-beef sottilissime, veramente un velo, passate al forno con sopra due fettine parimenti sottili di scamorza, e sotto, ahimè, non la trevisana, ma della Chioggia, rossa sì, ma non quella giusta. Il sapore è buono, ma il quantitativo è da antipasto.
Chiudiamo con qualche dolce, quattro torte e un paio di sorbetti alla mela verde. Una bottiglia di Muller Thurgau mosso non eccelso, un po’ acidulo, ma ben fresco, acqua minerale, e due bicchieri di vino al calice.
Per sette primi, 5 secondi, una bottiglia di vino, due bicchieri, tre acque minerali e 6 dolci, il conto
sarà di 188 euro, scontato a 180. Decisamente modesto.
E’ chiaro che è difficile valutare un ristorante in un’occasione come questa, ma direi che, al di là di piccole sbavature, la qualità sia stata ampiamente soddisfacente, con qualche piccolo appunto, a mio vedere, per la sola quantità. Decisamente cortese e sollecito il servizio al punto da permetterci anche di restare a lungo a chiacchierare anche dopo la fine del pasto, in un ambiente invece decisamente accattivante, curioso, elegante ma non troppo, stimolante.
Più che un ristorante vero e proprio, lo vedo davvero come un posto da “mangiarini”, un posto dove recarsi dopo teatro, ammesso che sia aperto, togliendosi qualche sfizio di gola realizzato decentemente, a un prezzo più che corretto. Ci torno, non foss’altro che per una visita meno affollata.
