Prezzo per persona bevande incluse: 97 €
Recensione
Non avevamo ancora provato questo ristorante che si é già conquistato una reputazione notevole a Milano. Lo si raggiunge un po' tortuosamente, seminascosto tra gli enormi cantieri della nuova area residenziale Porta Nuova Garibaldi: improvvisamente tra scavi, scheletri di grattacieli in costruzione ed altri quasi terminati, si apre un cancello di ferro che da su un ampio prato verde, dove ci sono anche giochi per bambini, in fondo al quale si erge una palazzina del '900 ben restaurata ed illuminata, raggiunta da un vialetto. Nella palazzina, che ospita anche una fondazione, al piano terra si trova il ristorante. Il sito é suggestivo anche per il contrasto con i costruendi adiacenti grattacieli: attenzione però: il parcheggio é quasi impossibile.
D'estate nel prato davanti al ristorante vengono collocati tavoli per mangiare all'aperto, ma é ormai autunno inoltrato e quindi entriamo nell'unico salone interno, arredato in modo molto moderno, con tavoli e sedie di ferro brunito e l'insieme é molto lineare e pulito, riscaldato da una grande scaffalatura a tutta parete che é dedicata ai vini e da un bancone del bar dove si possono degustare aperitivi e stuzzichini in attesa della cena. L'insieme é piacevole, di gusto e accogliente: solo i tavoli sono un po' ravvicinati e l'ambiente diventa presto un po' rumoroso.
Ci viene rapidamente portato il Menù e la carta dei vini, ma dopo un'occhiata, decidiamo di lasciare fare allo chef mentre per il vino ordiniamo una bottiglia di Carema di Ferrando.
In attesa degli antipasti, ci viene portato un cartoccio di Mondeghili, polpettine fritte tipicamente lombarde, in carta " da macellaio". Buoni e "pericolosi" perché come le ciliegie, una tira l'altra.
Arrivano poi in sequenza:
Tartare di trota marinata con germogli di lenticchie: la tartare di trota é perfetta, ma a mia moglie non piace tanto l'abbinamento con i germogli mentre io trovo che, essendo leggermente amari, bene puliscono la bocca dal sapore del pesce.
A seguire carpaccio di manzo con una salsa di aceto balsamico: buono ma non memorabile, poi sformato di melanzane con salsa di pomodoro: delizioso! Lo sformato é morbidissimo e mantiene con precisione il gusto di melanzana.
Arrivano poi i primi: risotto al Macagn ( un formaggio della Valsesia presidio slow food) con timo e porcini: mantecatura perfetta e ancora una volta, al mio gusto, il timo raffresca la bocca dal sapore, che può essere un po' greve a metà pasto, del formaggio.
Poi forse la cosa più buona della cena: minestrone al cavolo nero con funghi chiodini. Impressionante come lo chef sia riuscito a coniugare il tipico minestrone, che richiede lunga cottura, con invece una cottura rapida che mantiene le verdure croccanti: assolutamente da provare.
A questo punto ci fermiamo e rinunciamo, purtroppo, ai secondi. Chiudiamo con dei dolci, rispettivamente pera al vino rosso e gelato alla cannella (ottima), sbrisolona con uva (buona, ma niente di eccezionale) e terrina di yogurt biologico (buona, senza lode).
Più che buono il vino (39 Euro) ed eccellenti il pane ed i grissini.
Conto per tre compreso il vino 296 Euro, assolutamente ben spesi.
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