Partiamo da una premessa che poi è una conclusione...

Recensione di del 27/07/2012

Ratanà

61 € Prezzo
7 Cucina
7 Ambiente
7 Servizio
Rapporto qualità/prezzo: Normale
Prezzo per persona bevande incluse: 61 €

Recensione

Partiamo da una premessa che poi è una conclusione: si mangia bene.
Cosa colpisce del Ratanà? Se dovessi redigere una sorta di scheda direi innanzitutto: ingredienti sceltissimi, manifesta forte intenzione di esprimere la vera cucina milanese di una volta, ambiente minimalista e curato in ogni dettaglio, staff giovane e dinamico (un po’ "girandolino" ma dinamico).

All'arrivo colpisce innanzitutto il contrasto del giardino con l'erba, il verde e i giochi per i bambini, una villa d'epoca romanticamente illuminata e tutt'intorno questi alti e incombenti palazzoni, i grattacieli in fase di costruzione; una specie di New York soffocante al cui centro il Ratanà pare possa decollare da un momento all'altro come la casa del film Up.
Dentro, come già descritto, un ambiente in cui l'architetto ha piazzato il "pezzo forte", che è la grande scaffalatura ad angolo con le bottiglie e la nicchia del passavivande, attorno a cui i tavoli, anch'essi di ferro brunito (e non di legno scuro), riempiono una sala che, con un divano e qualche mobile, sarebbe stata un loft.
Belle le lampade sorrette da lunghi bracci sospesi, bello il soffitto con dei binari che fanno pensare alle guide per gli sfondi del teatro, bella la fisarmonica alle mie spalle e le grandi finestre a tre ante.
Fuori ci sono alcuni tavoli per cenare all'aperto, uno di questi è occupato da personalità della politica e della stampa. Noto che al momento della prenotazione non mi avevano informato di questa alternativa, ma con questo clima afoso avrei senza dubbio confermato il nostro tavolo all'interno.

Sono le venti e trenta e qualche avventore si attarda al bancone dove, a partire dalle sei e mezza, vengono serviti gli aperitivi con i "rubitt" (le cosucce) elencati su una lavagna al costo di 2 euro per ogni porzione.
Mentre sfogliamo il singolo menù a disposizione e la carta dei vini ci viene offerto un assaggio di yogurt, ravanelli e aceto balsamico e ci viene servita l'acqua naturalizzata gassata in una bottiglia di vetro a collo largo, di quelle del latte.
Gli ingredienti e la loro provenienza, con vari presidi, sono elencati in prima pagina e a seguire troviamo cinque proposte per ogni tipo di portata.
Io scelgo uno sformatino di melanzane con crema di pomodorini e, a seguire, il vitello tonnato;il mio compagno chiede di spiluccare qualche mondeghili per poi passare direttamente al risotto con l'ossobuco.
Dopo una piccola insistenza gli vengono accordati i mondeghili: non ci è risultato chiaro il motivo del tentennamento della cameriera. La prossima volta ordineremo venti porzioni di polpette e saremo più precisi sulle eventuali obiezioni che ne risulteranno.

Da bere preferiamo renderci indipendenti scegliendo vini al calice differenti in funzione delle diverse ordinazioni fatte. Abbastanza numerose sono le alternative al calice e i prezzi oscillano dai 4,00 agli 11,00 euro.
Ad accompagnare le mie scelte suggerisco alla cameriera un Collio Sauvignon Matjaz Tercic e resto in attesa di una sua approvazione o di un suo diverso consiglio, con un bel punto di domanda in fronte; ne ricevo solamente un vago cenno forse affermativo. Per il mio moroso ordiniamo del Ciliegiolo Principio 2009 Antonio Camillo. Entrambi i vini ci vengono versati in dosi sinceramente troppo in linea con l'ambiente, ovvero minimal. Il bianco è molto aromatico ed elegante, il rosso ha qualcosa che non va, risulta privo di qualsiasi sentore e fastidiosamente alcolico, forse una bottiglia mal conservata: ce lo facciamo sostituire con un Sassella, forse un abbinamento ancor più indicato.

Lo sformatino è ben presentato, tiepido e i sapori delle verdure emergono nettamente. I mondeghili, serviti in un cartoccio arrotolato, sono piccoli, ben fritti, sebbene costituiti da un impasto a mio avviso troppo fine: se avessero avuto le dimensioni "standard" di quelli che faceva la mia nonna, sarebbero risultati mollicci e stucchevoli. Il sapore comunque è buono e uno tira l'altro.

Si procede con i due piatti principali: il risotto con l'ossobuco è una porzione di tutto rispetto, la carne, tenerissima ed irrorata da un sugo sapido e scuro, ha uno spessore doppio rispetto a quelli visti finora, con un osso enorme e strapieno di succulento midollo; riso cotto ad arte mentre lo zafferano, presente a pistilli frammentati tra i chicchi di riso si dimostra, per i miei gusti, troppo predominante e forse eccessivo.

Riguardo al vitello tonnato sono molto esigente: esperienze con ex suocere dalle capacità culinarie strabilianti nonché ripetute incursioni nelle Langhe mi hanno duramente segnato. Punto primo: è magatello. Molto bene. La cottura al rosa valorizza la qualità di questo taglio pregiato ma non risponde alla tradizione che io conoscevo per questa preparazione che, per quel che ne so io, prevede al contrario una cottura lunga in immersione nel vino e nelle verdure, fino a che le fibre arrivino quasi a sfaldarsi. Detto questo non posso che dare comunque un giudizio positivo all'insieme che, grazie anche alla bontà della salsa tonnata e dei capperi di Salina, si è lasciato assaporare con notevole soddisfazione.

Usciamo per una sigaretta e notiamo che per effettuare il servizio ai tavoli esterni è stata lasciata spalancata la porta d’entrata del locale, attraverso la quale, insieme a un andirivieni frenetico di camerieri, passa anche l’aria afosa e qualche zanzara.

Rientriamo a scegliere i desserts: torta al cioccolato fondente e albicocche per lui, aspic di pesche al Moscato con foglie di menta per me, abbinati rispettivamente a un calice di Albana Passito 2007 e ad un Moscato Rosa Abtei Muri Gries passito per me.
Niente di sconvolgente per quanto riguarda l’aspic dal quale traggo prevalentemente una gran freschezza e una gradevole detersione delle fauci; la torta al cioccolato è invece molto buona, leggera, per niente stucchevole e con una golosa crosticina esterna. Azzeccati e piacevoli entrambi i vini.

Due caffè niente male e, mentre il locale si è riempito completamente di milanesi e stranieri, chiediamo il conto.
Lo scontrino dettagliato riporta: il cartoccio di mondeghili a 4,00 euro, lo sformato di melanzane 11,00 euro, l’ossobuco col risotto 28,00 euro, il vitello tonnato 22,00 euro, l’acqua 2,50 euro, due calici di rosso 13,00 euro e due di bianco 12,00 euro, ciascun dessert 6,00 euro, il Moscato 8,00 euro e il Passito 5,00 euro, più i due caffè a 5,00 euro complessivi, per un totale di 122,50 euro.

Data la premessa (si mangia bene) aggiungerei qualche considerazione puramente soggettiva e molto critica.
Prendete una milanese doc, portatela a cena quasi esclusivamente nel piacentino per alcuni anni, quindi riportatela a Milano, a gustare la vera cucina milanese e vi dirà che al Ratanà la ricerca spasmodica della tradizione non riesce ad emozionare come gli antichi piatti di casa, che le ricette della mamma avevano un altro sapore; tanto più che ci si trova in un ambiente vagamente radical-chic con mobili moderni e camerieri giovani, bravi, brillanti (alcuni un po’ meno, altri di più) e che anche se ci tornerà presto e volentieri (vale sempre la premessa) descriverà l’impressione finale come qualcosa di artefatto e vagamente un po’ stonato.

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