Confesso che, istintivamente, sono portato a diffi...

Recensione di del 26/11/2008

Karakorum

15 € Prezzo
6 Cucina
4 Ambiente
4 Servizio
Rapporto qualità/prezzo: Normale
Prezzo per persona bevande incluse: 15 €

Recensione

Confesso che, istintivamente, sono portato a diffidare di quei locali dove servono più di una cucina insieme, tipo cinese e giapponese, pizza e cinese, Sardegna e Grecia o simili. Mi pare che una proposta troppo variegata con troppi piatti così diversi tra loro finisca per non offrire nulla di davvero genuino. Ma come spesso accade la curiosità ha la meglio visto che non sono molti i locali con cucina mongola, e decido di provare. Comunque il locale in questione, che propone cucina giapponese e mongola insieme, non è gestito né da giapponesi né da mongoli: sono cinesi.

E’ arredato con eleganza ma gli spazi sono molto stretti, all’insegna del minimalismo giapponese e, se si è in due su un tavolino, dopo un po’ non si sa più dove appoggiare i vari piatti, ciotole, bicchieri, vassoi ecc. I cinesini che servono sono gentili, ma non capiscono proprio l’italiano; molte richieste vanno ripetute o addirittura segnate a vista sulla lista, altrimenti non si viene capiti.
La scelta è vasta, anche troppo, e desta dei sospetti: molte le proposte di pesce, ma dove mai si trova il pesce nelle steppe mongole? Molti piatti sembrano semplicemente ricette cinesi rivisitate, alcune voci del menu lasciano decisamente perplessi (ali di pollo alla Coca Cola?!).

Tra gli antipasti, scartando i molti fagottini che assomigliano troppo a ravioli cinesi rivisitati, scelgo delle crocchette di patate con ripieno di verdure: praticamente delle polpette di patate che contengono una purea di zucchine; uno stuzzicante antipasto, anche se un po’ troppo salato per i miei gusti.
Scelgo di bere del tè mongolo, ma una gentile cameriera mi informa di avere pazienza, perché la “macchina è rotta” (la macchina per il tè?). Arriverà più tardi.

Come primo piatto scelgo una zuppa bollente (la sera è fredda e ci sta bene) con spaghetti, pollo e gamberi. Non è male, soprattutto scalda molto; la porzione è abbondante e sazia, anche se i gamberetti sono surgelati e nel pollo sono scappate degli ossicini.

Sono sazio, ma sulla lista c’è una voce che mi incuriosisce: prosciutto di capra affumicato e decido di provarlo. Lo chiedo alla cameriera che prima non capisce, poi mi guarda come fossi pazzo, poi chiama una collega per farsi spiegare perché pensa di aver capito male. Quando gli faccio notare che il piatto è sulla lista, tutte e due si precipitano in cucina, preoccupate. Tornano dopo un po’ e mi dicono che quanto richiesto “non lo fanno più”.

Dò un’occhiata alla lista dei dessert: niente di orientale ma quattro proposte di dessert preconfezionati italiani, decido di chiudere qui.
Il conto è di 15,50 €: un prezzo onesto, ma non è questo il punto. Il fatto è che un locale impostato così, che finisce per non sembrare né giapponese, né cinese né tantomeno mongolo e che offre solo dessert italiani, finisce per mancare di carattere, di uno stile suo, e l’insieme sa di ibrido che non convince. Non metto in dubbio la riuscita di alcuni piatti, ma un ristorante mongolo a Milano non poteva essere semplicemente mongolo e basta? Ci avrebbe smenato? Io credo di no. Non tornerò più.

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