Cena al Joia. Faccio il mio ingresso nel tempio de...

Recensione di del 12/01/2013

Joia

53 € Prezzo
8 Cucina
6 Ambiente
7 Servizio
Rapporto qualità/prezzo: Ottimo
Prezzo per persona bevande incluse: 53 €

Recensione

Cena al Joia. Faccio il mio ingresso nel tempio del vegetarianesimo alla corte del "guru" Pietro Leemann.
Unico stellato della categoria, lo chef-filosofo abbina alla maestria tecnica ed estetica delle sue preparazioni un significato intrinseco del piatto che è bagaglio personale di una ricerca intima. Proprio questa ricerca lo spingerà lontano da casa, via da una percezione "occidentale" di cucina. In Cina e Giappone frequenterà monaci buddisti e missionari cristiani. L'introspezione e presa coscienza di sè lo porteranno a cambiare modo di pensare e concepire l'arte culinaria. Maturerà la sua "idea di cucina".
Tutto questo, ahimè, non si avverte entrando all'interno del Joia. Questo ristorante dai tratti minimalisti risulta anonimo. Pavimenti in comune parquet, pareti gialle e tavoli più che normali non trasudano per nulla l'esperienza vissuta dallo chef. Non fungono da preambolo al fantastico viaggio-zen che intraprenderemo immergendoci nella degustazione dei piatti.

Parliamo ora di questo agognato viaggio:
Scelgo il menù degustazione "L'enfasi della natura".
Il primo piatto è il Wild:
l'aspetto del piatto preannuncia tutto l'ardore e la ferocia che appurerà poi il palato. Si è sobbalzati da un estremo all'altro, da una sponda amica alla più infausta deriva. L'indivia belga e il radicchio, irti nel piatto, vengono investiti come uno tsunami dalla maionese al rafano, per poi trovare conforto nel pesto di avocado. Piatto ardimentoso. Forse un po' azzardato come apripista.

Secondo antipasto: Oh mio caro pianeta.
Questo piatto ha in sè tutto quello che si richiede per poter essere definito perfetto: il gusto,le diverse consistenze e l'idea. Ottimo il foie gras vegetariano creato dalla sapiente amalgama di verdure stagionali, che si frappone tra il tortino di cavolfiore(che ne esalta dolcezza e delicatezza)e la verza croccante e glassata(che ne esalta sapidità e morbidezza).
Il vertice della serata.

Zuppa: Ritorno a casa.
Piace la sfera d'orzo ripiena di pastinaca, piace la crema di zucca e topinambur, piace l'impatto visivo e olfattivo, ma al cucchiaio l'insieme tende a stancare.

Primo piatto: Raviolo a mano.
La forza di questo piatto è la semplicità. Nella forma, nei colori, nei sapori e nelle sensazioni che ne scaturiscono. A prima vista ti è simpatico, al primo assaggio è stuzzicante, al primo pensiero è adulatore. Dico adulatore per non dire ruffiano. Il piatto ti cattura prima con la lasagna verde intrisa nella crema al pecorino e poi con un ghiotto tagliolino saraceno leggermente tartufato. La verza, infine, fa da contraltare alla sapidità prorompente della crema al pecorino.

Secondo piatto: Il sogno della fenice.
Seducente nella sua bellezza evocativa. Qui siamo ai livelli del "dripping di pesce" di Marchesi. Puro espressionismo in cucina.

Ci viene proposta poi una piccola degustazione di formaggi.
La scelta non è vastissima. Resto comunque piacevolmente sorpreso dal formaggio "versione Joia" a base di anacardi e mandorle, speziato al cumino e paprika.

Piccolo intermezzo dolce: gnocco a base di riso dolce glutinoso ricoperto da the verde. Devo dire che non sono riuscito ad apprezzare molto questa sorta di tortino giapponese, sia per consistenza, che per la netta preponderanza del the verde.

Dolce: Salute!
Anche per quanto riguarda questo piatto non posso esprimere un vero e proprio elogio. Buona la torta intrisa di sciroppo d'agave e pertinente l'abbinamento al sorbetto di cirimola (assaggiato per la prima volta) che rinfresca la bocca alla fine di un sostanzioso banchetto. Nel complesso però, i dolci non rappresentano la chiusa ideale di un eccellente pasto. Resta come una sensazione di opera incompiuta.

Note riguardanti il servizio: la brigata di Leemann si adopera magistralmente esercitando il proprio mestiere con professionalità, premura e affabilità. Unico appunto: un po' troppo sbrigativi nell'enunciazione del piatto.

Concludendo: chi entra al Joia non si limiti nella ricerca del solo godimento palatale. Non faccia propria unicamente la beatitudine dei sensi. Si prepari invece ad intraprendere un viaggio. Un viaggio già percorso da Leemann. Un viaggio che per una sera ci farà corpo e spirito all'unisono.

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