Ci sono ristoranti dove il concetto di cucina cerc...

Recensione di del 02/02/2011

Joia

100 € Prezzo
7 Cucina
8 Ambiente
9 Servizio
Rapporto qualità/prezzo: Normale
Prezzo per persona bevande incluse: 100 €

Recensione

Ci sono ristoranti dove il concetto di cucina cerca di tramutarsi in idea prendendo forma attraverso materie prime di alta qualità. Uno di questi è sicuramente Joia di Pietro Leeman. Lo proviamo approfittando di un festeggiamento familiare, cena per due un mercoledì sera.
L’ambiente è elegante, ma non eccessivo. Veniamo accolti nell’ordine da una persona oltre la porta che verifica la prenotazione, un impiegato che raccoglie i cappotti, un cameriere che ci scorta al tavolo. Dopo un lungo corridoio si accede alla sala, piccola e rettangolare, dominata da un lato da un grande specchio e dall’altro dall’ingresso della cucina da cui ogni tanto farà capolino il rinomato chef.
Il bianco la fa da padrone, qualche quadro aggiunge il giusto tocco di colore. In mezzo alla sala corre un tavolo di legno chiaro sopra cui spicca un vassoio coperto dentro cui scintillano come trofei in esposizione porzioni di formaggi. I tavoli sono disposti sui lati a ridosso delle pareti, con i commensali posizionati in modo ottimale.
Accettiamo l’aperitivo che ci viene offerto poco dopo esserci seduti, qualche istante dopo si fa avanti un altro cameriere che raccoglie i nostri ordini. Arriva il sommelier che (forse) deluderemo nel timore di affidarci a consigli per noi eccessivamente preziosi ordinando una bottiglia di Vermentino di Sardegna che ci accompagnerà per tutto il pasto.
L’attesa viene spezzata dall’arrivo di una foglia di cavolo cinese ai tre sapori, zucca barbabietola rossa e prezzemolo. La porzione è minimale, ma non insignificante. Apprezzo la croccantezza e il profumo, soprattutto nella parte con la zucca.
Ci sono due cose che colpiscono nella cucina di Leeman e hanno tutte e due a vedere con la presentazione del piatto. La prima è che il piatto partendo prima di tutto da un’idea viene raccontato, compito che il cameriere svolge con affabile competenza, la seconda sono i colori, armoniosi e sorprendenti.
Insieme al pre-antipasto ci portano anche il pane, piuttosto anonimo, forse la più grande delusione della serata.
Dopo l’annunciata attesa giungono i nostri primi. Il mio piatto si chiama “Serendipity” e consiste in un trittico di gnocchi di spinaci, patate e barbabietole ripieni di fontina in un sottile letto di parmigiano. I migliori risultano quelli alla barbabietola, l’insieme è azzeccato anche se negli gnocchi si sente troppo la farina. Mio marito trova più ampia soddisfazione nel suo “Appetitoso prima, goloso dentro, persistente poi” ossia riso alla barbabietola, capperi di Pantelleria, miele di castagno e una pallina di crema di yogurt.
Per secondo scelgo “Bosco, casa e all’improvviso un profumo di legno” un tortino di patate, topinambur in un letto di formaggio d’alpeggio. Nonostante il profumo d’affumicato e l’indubbia bontà dell’insieme non posso far a meno di rammaricarmi per la mia infelice scelta. Per via del formaggio ricorda troppo il primo piatto, inoltre il tortino è in alcuni punti troppo abbrustolito. Maggiore fortuna tocca a mio marito che si bea con “Sotto una coltre candida” schiuma di parmigiano e lemongrass dentro cui si nascondono verdure e gusti da scoprire.
Per rifarmi sul dessert mi butto su un classico: il cioccolato. Scelgo perciò “Nuovo Mondo” con latte di mandorle, oro, banana, vaniglia e panna. Lo accompagna un piccolo goloso bigné. Giungo al fondo soddisfatta. Mio marito dopo aver lottato contro l’istinto che lo attirava verso i formaggi decide di concedersi “Una mela al giorno” tatin di mele con gelato al cardamomo. Interessante.
Persino i caffè hanno una lista, insieme a té e tisane. Optiamo per due caffé: io Nepal, mio marito India. Buono, ma non eccezionale come il prezzo.
A chiudere la serata giunge lo chef in persona che si concede (per) un giro di saluti tra i tavoli. Un cortese gesto d’attenzione.
Nel complesso posso dire che la serata è stata sicuramente un’esperienza, bella, forse a tratti per me un poco deludente per via dei due piatti principali non eccezionali e troppo simili fra loro. A parte il prezzo medio-alto quello che conquista in questa cucina è il piacere della scoperta, l’impressione di aver affrontato un viaggio, attraverso gusti e colori nuovi, tutti rigorosamente vegetariani.

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