Prezzo per persona bevande incluse: 22 €
Recensione
Decidiamo all'ultimo momento di cenare fuori, e scegliamo Giulio Pane e Ojo perché ci siamo già trovati bene altre volte. Io, moglie e figlio arriviamo alle 20:30 in via Muratori. Nel giro di poche decine di metri ci sono parecchi ristoranti, tutti molto frequentati nonostante il parcheggio non facile. Sistemata in qualche modo la macchina, entriamo. Siamo senza prenotazione, ma in quell'istante si libera un tavolino d'angolo e ci fanno accomodare. I tavoli sono decisamente vicini fra loro ma, come vedremo, non sarà un problema.
Quasi subito ecco il cameriere con il menu e la carta dei vini. Questa è una trattoria alla buona, volutamente alla buona, e dunque sgrano gli occhi vedendo un Amarone Masi 2006 (75 euro): è un vino da meditazione, da rispetto, direi da silenzio religioso. Che cosa c'entra in questo ambiente, pur così simpatico? Coi tavoli e sedie rustici, e i bicchieri in duralex? Meglio il vinello bianco della casa.
In lista ci sono vari primi, tutti a 9 euro, e vari secondi, tutti a 13 euro; per i dolci c'è una lista a parte. Io voglio vedere come fanno gli spaghetti alla carbonara, e il ragazzo si butta sul cacio e pepe. Mia moglie preferisce il secondo e ordina coniglio arrosto al rosmarino.
Nell'attesa ci viene offerto un assaggio di lombrichelli all'etrusca, una pasta simile ai cavatelli pugliesi o ai maccheroni al ferretto calabresi, fatta in casa, condita con salsa di pomodoro, una nuvola di peperoncino e una spolverata di pecorino. Una mezza porzione, molto apprezzata.
Ed ecco i primi, serviti in piatti ovali. Anche per il cacio e pepe hanno usato spaghetti. Devo dire anzitutto che, purtroppo, per entrambi i piatti la cottura della pasta è stata eccessiva. Peccato, davvero peccato, perché per il resto era tutto ottimo: nel cacio e pepe gli spaghetti sono stati evidentemente spadellati con acqua di cottura, pecorino e una modesta quantità di pepe (io ne avrei messo di più), niente olio come da ricetta originale; quanto alla carbonara, il condimento non è molto abbondante ma è saporitissimo, nonostante la scarsa quantità di guanciale; in particolare l'uovo è semicoagulato, proprio come deve essere.
Arriva anche il coniglio, e come lo vedo mormoro "oh, no...": infatti all'assaggio (ma già dall'aspetto lo si capiva) "l'è slegner" (per i non milanesi, è duretto e stopposetto), chissà come si dice in romanesco. Mi domando se sia stato fatto proprio stasera. Di contorno, patate così così.
C'è poi la trippa alla romana, una porzione divisa col ragazzo. Buona, immersa in un sughetto di pomodoro un pochino acquoso ma di sapore molto convincente.
Per addolcirmi la bocca provo una torta di mascarpone coi frutti di bosco. Mia moglie l'assaggia e la trova senza personalità, a me non dispiace affatto: sembra una torta fatta in casa (e lo è), perfettamente in sintonia col tipo di locale.
Abbiamo bevuto mezzo litro di vino bianco della casa, un frizzantino buono e dissetante, ovviamente senza pretese. Vedo che agli altri tavoli lo bevono tutti. L'acqua è microfiltrata.
Il pane è ottimo, di tipo meridionale cotto in forno a legna. Noi milanesi rimpiangiamo il tempo lontano delle michette di semola di grano duro, quelle buone e croccanti di una volta, perché quelle di oggi in due ore diventano secche e gommose; michette o no, in genere mangiamo un pane mediocre. Per fortuna ogni tanto, in alcuni ristoranti, per lo più meridionali, si trova questo pane lontano dalla nostra tradizione ma proprio buono.
Il conto è stato di 63 euro (più la mancia): 18 € per due primi, 13 € per il coniglio, 13 € per la trippa, 3 € per due litri di acqua filtrata, 5 € per il mezzo litro di vino della casa, 2 € per un caffè, 4,50 € per la torta e 4,50 € per tre coperti.
Il servizio è stato eccellente, gentile, veloce, premurosissimo. Ci hanno offerto, come dicevo, un assaggio di pasta per farci ingannare l'attesa (che poi è stata anche breve); ci hanno chiesto più volte se tutto andava bene (non me la sono sentita di dire che la pasta era scotta). E non abbiamo aspettato niente per sederci al tavolo, se no ci avrebbero offerto, come fanno con tutti, un bel bicchiere di vino bianco.
L'ambiente è a tinte calde (le pareti sono dipinte di giallo intenso), un po' dappertutto ci sono cartelli metallici antichi presi da negozi di alimentari, in mezzo alla sala c'è un tavolo lungo dove può capitare di sedersi accanto a sconosciuti e farsi passare il sale da loro. Esattamente come in una trattoria popolare. E l'acustica? Dopotutto non è male: anche se i tavoli sono vicini fra loro, si può conversare normalmente anche a sala piena e non si sentono facilmente le conversazioni altrui.
La cucina mi ha spiazzato. Altre volte ho constatato una qualità eccellente, per cui il voto che do si riferisce strettamente alla cena di oggi. La pasta scotta è difficile da perdonare, il coniglio stopposo ancora meno. Però gli spaghetti, sia cacio e pepe che carbonara, erano di sapore ottimo, e ottimo era anche il sapore del coniglio, ma non abbastanza da far dimenticare la consistenza da arrosto riscaldato. Il sapore della trippa è da bacio accademico, forse il sugo forse doveva essere più legato. Buonissimo l'assaggio di lombrichelli all'etrusca. Della torta ho già detto.
Se qualcosa è andato storto, lo considero un incidente. Difficile che si ripeta.
Prima o poi tornerò di sicuro perché, in parte anche stasera, qui ho sempre mangiato bene.
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