Prezzo per persona bevande incluse: 46 €
Recensione
Che io abbia una non-passione per le ricorrenze è ormai un fatto, ma c’è sempre un’eccezione che conferma la regola. Ecco che allora i miei primi quarant’anni sono stati celebrati, con un giorno di ritardo e un pizzico di malinconia per il tempo che non si ferma mai, a Cattolica. Perché Cattolica? Facile, più che a conoscere questa cittadina di mare sulla riviera romagnola, puntavo da tempo a sperimentare la Locanda Liuzzi. Recensioni in crescendo da parte delle guide istituzionali che preferisco e un sito internet aggiornato e invitante mi hanno convinto a prenotare un tavolo per la mia famigliola.
Degna di nota e molto gradita è la presenza di un menu studiato appositamente per i bimbi, i quali così non devono sottoporsi alla tortura di seguire i grandi e le loro peripezie alla ricerca del nuovo.
Da ricordare assolutamente a chi volesse raggiungere il ristorante in estate: si trova in prossimità della spiaggia, alla fine della via e, dopo le 20.30, non c’è la possibilità di arrivarci in auto perché la zona è pedonalizzata. Poco male, si dovrà abbandonare la macchina mezzo chilometro indietro e passeggiare per un po’ in mezzo alla marea di persone che iniziano il loro struscio serale, finché si noterà sulla sinistra il bell’ambiente della Locanda.
Pochi tavoli preparati nella veranda che dà direttamente sulla strada (meno male che le auto non possono circolare) e un arioso spazio interno, arredato in un piacevole stile minimal-moderno con la cucina a vista. Ben preparati i tavoli, belle tovaglie e bei piatti decorati, di qualità non eccelsa i bicchieri per il vino.
L’unico suggerimento che mi sentirei di dare riguarda il bagno degli uomini: se infatti più di un maleducatissimo cliente fumatore ha usato la cassetta dello sciacquone per appoggiare la sua sigaretta, costa davvero poco porvi rimedio sostituendola ed evitando un’antipatica impressione di incuria.
Ad ogni modo ci si sente complessivamente a proprio agio e questo predispone ad un’esperienza che si rivela molto positiva, anche per la gentilezza e l’attenzione del personale in sala e dello stesso titolare.
Le proposte di degustazione sono diverse e tutte a prezzi molto ragionevoli, intorno ai 40€: la presenza di mio figlio che a sette anni non si può costringere alla tranquillità per più di un’ora e mezza induce comunque a stare sulla carta. C’è poco da fare, la mia tendenza all’assaggio plurimo rimane un’altra volta insoddisfatta.
Bella, anche se non vastissima, la carta dei vini: ci sono una serie di simboli e indicazioni utili ad orientare la scelta, che nel mio caso va sull’ottimo Oslavjie di Radikon, con il suo color ruggine e il suo timbro tannico deciso. E’ un vino abbastanza strano, ma lascia un bel ricordo indelebile.
Da notare che esiste anche una piccola lista di acque minerali, divise in nazionali ed estere e per contenuto di anidride carbonica, culminante nella potente e nota Perrier.
Durante la consultazione il patron-chef Raffaele Liuzzi, pugliese verace trapiantato in Romagna, arriva al nostro tavolo con un sifone e ci fa assaggiare una gradevolissima spuma di pesca, campari e prosecco, versandola in un piccolo bicchiere cilindrico munito di mini-cannuccia. Il benvenuto della cucina prosegue con una squisita ricotta di capra con alice marinata che si fa accompagnare dagli ottimi pani, tutti fatti in casa.
Il mio antipasto ha uno strano nome ed un’altrettanto buffa presentazione. Il pesce, il contenitore, il gusto: in una scatolina rettangolare vengono presentati 5 piccoli assaggi, ciascuno sistemato in un involucro da piccola pasticceria. Il tonno affumicato con i semi di sesamo ha un sapore deciso e molto invitante, anche se purtroppo è un po’ stopposo, splendide invece le capesante marinate nella soia. Le ostriche cattolichine con pomodoro confit sono freschissime; a queste seguono delle eccellenti canocchie con gelatina di campari e, per ultimo un mini club sandwich con sgombro e ricotta forte alternati: un vero peccato per il pane un po’ troppo secco, perché il contrasto dei sapori è davvero interessante.
Mentre mio figlio dedica la sua serata ad una bella cotoletta con le patatine (!), la mia consorte sceglie un primo piatto molto coreografico ma, questa è la sua opinione, con una salsa troppo in evidenza che lo rende sbilanciato, sebbene i singoli ingredienti siano tutti molto buoni: si tratta della spirale di maccherone con scampi, fiori di zucca e zucchine trifolate alla pimpinella.
Il recupero, per quanto la riguarda, è pieno con la coda di rospo con insalatina calda di farro, fondente di peperone grigliato e brunoise di olive verdi: io ne assaggio un boccone e confermo l’opinione sulla perfetta cottura e sulla bontà del pesce.
Il mio branzino pescato all'amo con chips di sedano rapa, spaghetti di verdure e emulsione di ricci di mare è una vera goduria per il palato. A parte l’evidente freschezza della materia, l’emulsione è uno strepitoso, lunghissimo sorso di mare.
Se mia moglie, satolla per le porzioni abbondanti e una dose non indifferente di pane, non riesce a proseguire con il dessert, io e il mio giovane erede non possiamo esimerci da un’occhiata alla carta.
Il caffè bollente nel tiramisù d-i-s-s-o-c-i-a-t-o (trascrivo fedelmente) viene sostituito per i bambini da una fumante cioccolata: i savoiardi, normalmente “associati” agli altri ingredienti vengono disposti a raggiera intorno al resto. Il risultato, interessante dal punto di vista estetico, non è in sostanza difforme dalla sua versione più tradizionale in termini di gusto: in questo caso, dato che il piccolo ne lascia metà porzione, mamma e papà provvedono all’analisi organolettica tramite ingestione.
La mia cena si conclude invece con un dessert che non ho timore a definire favoloso: squacquerone all'arancia gratinato allo zucchero di canna con salsa al Campari. Il formaggio molle, tipico della Romagna ma diffuso anche in Emilia, assume in questa preparazione una consistenza ideale, simile a quella di una bavarese. Il sapore acidulo dell’arancia e quello lievemente amarognolo del Campari, bilanciati dallo zucchero di canna, rendono davvero intrigante il connubio con lo squacquerone. Ne ho gustato con sommo piacere un cucchiaino dopo l’altro: oltre l’eccellenza.
Divertente anche l’idea di servire il tutto con un po’ di piadina tiepida tagliata à la julienne.
Dopo questa proposta sorprendentemente gradita, la pur ottima piccola pasticceria è passata in secondo piano facendosi comunque onore in compagnia di un buon caffè.
Il dettaglio del conto: 9€ per il coperto, 41+3,5 per vino e acqua minerale, 13€ per un antipasto, 12 per un primo, 45,5 per tre secondi, 12 per 2 dolci e 2 per un caffè.
La spesa finale, di 138 €, è adeguata a qualità e accoglienza e invoglia senz’altro a ritornare.
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