Prezzo per persona bevande incluse: 36 €
Recensione
Spinti dalle numerose recensioni positive degli amici Mangioni decidiamo di provare questo ristorante che già da parecchio tempo faceva capolino nella nostra lista personale. Da Chierico – Hotel Ticino, si trova a Carbonara al Ticino, un piccolo paese sito in provincia di Pavia, nella Lomellina orientale, sul ciglio del terrazzo che domina la valle alluvionale del Ticino stesso.
Il locale è di semplice individuazione, non lontano dall’uscita autostradale di Pavia Sud, dalla quale dista circa 5 km. Il navigatore, comunque, ci coadiuva egregiamente e ci permette di arrivare al locale con qualche minuto di anticipo sulla prenotazione. Il parcheggio non rappresenta un problema e, lasciata ben ricoverata l’automobile, percorriamo circa un centinaio di metri e giungiamo alla nostra meta.
Dall’esterno il ristorante si presenta piuttosto anonimo, con una grande insegna rossa “old-style” e una porta a vetri che ci introduce nella prima sala ove veniamo accolti cordialmente dal patron Angelo che ci fa accompagnare dalla solerte cameriera al nostro tavolo. L’interno è semplice, discreto, nessuna concessione viene fatta all’eleganza o alla modernità, ma è altrettanto ordinato, lindo e gradevole. I tavoli di legno con tovagliato bianco candido e la posateria entry-level completano il quadro generale dell’ambiente, che ad occhio e croce può accogliere una sessantina di coperti nelle due salette principali.
Studiamo attentamente il menu e ci accorgiamo che è nettamente differente da quanto indicato sul sito internet del locale. Siamo naturalmente di fronte al cambio di stagione e conseguentemente le proposte sono più improntate alla tipicità del periodo autunnale senza però trascurare qualche allettante proposta di mare dal carattere più estivo. Effettuate le nostre scelte, veniamo omaggiati di un benvenuto della cucina (senza accompagnamento in bollicine, però): una fettina a testa di cotechino, nel complesso più che discreta.
Il locale è semivuoto, eccezion fatta per due coppie di avventori, ma andrà riempiendosi nel corso della serata. Veniamo a conoscenza di un’ulteriore saletta presente nell’enoteca a causa del “vociare” degli ospiti lì presenti. Fortunatamente nel corso della serata i decibel complessivi si manterranno entro confini più che accettabili. I tempi di attesa saranno congrui per tutte le portate, anche se a fine serata qualche avventore si lamenterà per l’eccessiva lentezza del servizio, “issue” peraltro alquanto comprensibile vista la registrazione del tutto esaurito.
Il tempo di gustare dei fragranti panini tiepidi al sesamo e dei croccanti e sapidi grissini ed ecco materializzarsi sul nostro desco gli antipasti scelti. Per me fondente di cipolla al tartufo nero e per mia moglie baccalà con pomodorini, patate, broccoli e olive taggiasche. Come accompagnamento scegliamo acqua gassata e mezzo litro di Bonarda della casa gradevolmente mosso, vino “easy” e sincero, di facile beva, che ben si comporterà anche con le portate a base di pesce.
Il mio fondente si rivela essere il miglior piatto della serata. Qualche secondo per smaltire l’uscita dalla cucina, entrare in temperatura ed amalgamarsi in maniera corretta ed ecco sprigionare una serie di profumi e sapori da guinness dei primati. Il tartufo si lega sapientemente senza coprire il sentore forte della cipolla, il formaggio acquista verve e lascia quel tocco di sapidità che rende questo piatto davvero memorabile. Una brioscina salata con al suo interno una fettina di prosciutto rende agevole l’indispensabile “scarpetta” finale. Antipasto realmente di altissimo livello.
Il baccalà di mia moglie si attesta su un gradino leggermente inferiore. Si può però senza dubbio apprezzare la freschezza della materia prima, l’elegante aroma delle olive taggiasche e il gradevole sentore di verdurine che aiuta nella pulizia del palato. Un piatto semplice e indovinato, anche se non indimenticabile.
Abbiamo quindi deciso, per riuscire nell’impresa di degustare anche un secondo piatto, di condividere un primo in due. La nostra scelta è caduta sulla calamarata di pasta croccante con fonduta di patate e tartufo nero d’Alba, piatto alquanto inusuale ma che scopriremo assai gustoso. In concreto la calamarata si presenta come degli anelli di pasta, che sono sicuramente stati sottoposti a gratinatura in forno, il cui condimento è composto da un sugo leggero derivante, appunto, dalla fonduta di patate e coperti da una generosa grattata di scaglie di tartufo nero. Nel complesso un piatto ben riuscito, piuttosto gustoso e presentato in una porzione decisamente generosa.
E’ arrivato il momento dei secondi piatti. Cinghiale alle castagne per me e involtini di orata agli scampi in salsa di patate e zenzero, con flan di piselli e cipollotto per la mia consorte.
Il cinghiale viene proposto sotto forma di spezzatino, in accompagnamento alcune castagne fatte cuocere nell’intingolo. La carne è senza dubbio di ottima qualità, il grado di cottura eccellente, che conferisce ai bocconcini un’innata morbidezza e delicatezza. Se devo trovare il pelo nell’uovo lamento una certa poca sapidità nella preparazione. Normalmente il mio gusto privilegia gli spezzatini più saporiti, ma qui scendiamo nel campo delle sensazioni personali. Piatto comunque di innegabile buon livello.
Gli involtini di orata risulteranno, anche a giudizio di mia moglie, il piatto meno interessante della serata. L’involtino viene presentato con la pelle all’esterno (che comunque si riesce a mondare con estrema facilità) e con un trito di scampo al suo interno. Al palato il pesce si presenta poco sapido, difficile distinguere i sapori e le caratteristiche tipiche delle due “creature” marine, abbastanza slegato dal flan di piselli (che è davvero ben riuscito) e dal cipollotto fritto che è strepitoso. Un piatto a mio avviso poco equilibrato anche se è doveroso e corretto ribadire una volta di più l’estrema freschezza della materia prima.
Siamo quasi in dirittura d’arrivo ma mia moglie si lascia tentare da un dolce, premettendo comunque che la scelta cadrà su qualcosa di piuttosto semplice per non “ingolfare” la digestione, ovvero i tre bicchieri alla frutta. Su un piccolo vassoio sono appunto collocati tre bicchierini che conterranno altrettante mousse di frutta di stagione, accompagnate da piccoli biscottini. Nulla di miracoloso ma tutto sinceramente gradevole.
Siamo giunti alla fine della nostra esperienza. Due mirti, di cui uno gentilmente offerto, coadiuveranno la nostra digestione, che comunque non incontrerà ostacoli di sorta per la sapienza delle preparazioni e per l’elevata qualità della materia prima utilizzata. Mia moglie decide di prendere anche il caffè, che mi segnala come ottimo.
Nel complesso quindi un’esperienza positiva, che renderà degne ulteriori incursioni nel territorio pavese da parte nostra e da consigliare fortemente, anche in conseguenza dell’estrema convenienza della “dolorosa ratio”. Un conto totale di 36 Euro a cranio, assolutamente contenuto e meritato per la cena appena consumata. Un ristorante dall’atmosfera familiare, valido per ogni occasione, che non rimane indimenticabile ai miei occhi ma che indubbiamente rappresenta un ottimo approdo per degustare piatti interessanti e poco usuali, assicurando la felicità del palato e, aspetto non trascurabile, delle nostre tasche.
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