Prezzo per persona bevande incluse: 175 €
Recensione
Ad un anno esatto di distanza, e quasi di conseguenza per la medesima occasione, ovvero la constatazione ufficiale del mio invecchiamento (devo smetterla di festeggiare a tal proposito...), ritorniamo a varcare la soglia di uno dei migliori ristoranti italiani, la fortuna vuole che è anche a pochi passi da casa e il rischio palloncino si attenua non di poco.
Andare a cena dai Santini non è mai un semplice andare al ristorante, ci si sente accolti in casa loro, anticamera di una signorile casa di campagna, il cameriere ritira i cappotti e già arriva il patron che ci accoglie con quattro chiacchiere sui fatti locali, mentre attraversiamo il locale "biblioteca" affiancato dal salotto per i fumatori già "affollato" da una compagnia che gustava il proprio aperitivo prima di accomodarsi al tavolo.
Prima di percorrere l'ultimo corridoio con gli attrezzi agricoli di un tempo, la signora Nadia si presenta anch'essa a salutarci con la consueta cordialità. Credo sia una delicatezza questa e quella del marito che riserva a tutti gli ospiti, ma in qualche modo ti fa sentire un po’ speciale. Si entra nella sala, ampia con grandi vetrate sul giardino da un lato e sul parcheggio "verde" dall'altro, un bel parquet per pavimento, toni pastello alle pareti, dall'azzurro all'ocra chiaro, tutto spatolato a sfumare i toni, per un calore che ti avvolge senza opprimere, il bel camino a farti sentire più in un salotto che in una sala ristorante, architravi in legno a vista a dare qualche dettaglio country e ricordare che in fondo siamo nella Bassa più bassa. Fuori è nuvoloso, a tratti piove, ad un certo punto fa capolino anche la nebbia, giusto per non farti mancare nulla, così ti rendi conto che in zona non c'è miglior posto dove stare, così finisce che per uscire lasci prima che si svuoti la sala, si rimane soli, io e la mia ragazza, come quando a casa a fine serata gli ospiti se ne vanno e ritrovi la tua intimità casalinga, solo che in questo caso l'aggettivo possessivo usato non è per noi.
Il nostro tavolo è lungo la vetrata verso il giardino, a lato della veranda che ospita i tavoli estivi, sedute ampie, schienale imbottito e braccioli, comodissime, quasi un trono. In tavola, tovagliato in lino spesso, piacevolissimo al contatto, tovaglioli blu coordinati con le sfumature del bicchiere dell'acqua e del vaso dei fiori! Posateria e cristalleria personalizzate, sottopiatto con pizzo per una mise en place tradizionale ed elegante.
Un cameriere ci propone l'aperitivo, uno Champagne Bonnaire 1er cru cremant, di buona acidità e struttura, accompagnato da chips di Parmigiano.
Ci vengono consegnati i menu, in copertina dei quali troviamo come al solito la riproduzione di un bel quadro che cambia di anno in anno e la stessa opera finisce a far bella mostra di sé nella sala. Per quest'anno evitiamo i menu degustazione, molti dei piatti in essi previsti erano già noti. La cosa strana è che nella carta la mia ragazza aveva un piatto non riportato sulla mia, così per "ripicca" ho ordinato proprio quel secondo, anche perché è proprio quello che comunque avrei scelto...
Accanto ai menu anche l'imponente carta dei vini, suddivisa per annate, consultata, ma poi abbandonata dopo la mia indecisione: risolveremo il problema affidandoci ad Antonio Santini che ci propone uno Shiraz "Clos de l'Heremitage" 2001, vino prodotto in quel di Avignone da Jean Alesi con l'aiuto di un famoso enologo della Cote du Rhone, a dire del patron molto buono e magnificato da Wine Spectator, ci fidiamo e beviamo un vino buono, non eccezionale, con buon equilibrio tra potenza e eleganza, di fondo leggermente selvatico e quasi con aroma di funghi, ci può stare, anche perchè tra le scelte della carta peserà relativamente poco sul conto (50 euro che per il locale in questione sono una bazzecola...ma solo qui eh!).
La bottiglia viene stappata, ma non servita. Il sommelier ci lascia prima finire l'aperitivo, che così ci accompagna per il benvenuto della cucina, una crema leggera di cipollotto, delicato il sapore a dispetto dell'ingrediente principale, in questo caso in particolare non si confonda il delicato con lo sciapo, il gusto c'è tutto, ma ci si prepara a un bel crescendo nei piatti.
Poco prima che giungesse in tavola la crema arriva il cestino dei grissini e il cameriere porge la scelta del pane dalla grande cesta di vimini: "solo" tre tipi stavolta, una focaccia alla cipolla, pane bianco e pane alle nocciole, tutti ben preparati, forse solo impastati in un giorno troppo umido, infatti erano meno fragranti di come li ricordavo, ma siamo al pelo nell'uovo (ma qui si guarda anche quello!). A chiudere un piattino con sfogliette di focaccia al rosmarino per spezzare le attese.
Arriviamo così all'antipasto. Non esprimo giudizi sulla scelta della mia ragazza, Insalata di faraona in agrodolce con melograno e foie gras, in quanto non ho direttamente assaggiato il piatto. Per quanto mi riguarda mi sono lasciato tentare come al solito da Foie gras cucinato in padella con pere frutti di bosco e vino passito di Verona, classico del locale, anche se in carta penso ci siano troppi "classici", ma su
questo tornerò nelle considerazioni finali. Il fegato della giusta consistenza, ben "caramellato" all'esterno, giusta acidità della salsa che pulisce il grasso della pietanza senza essere pungente, qualche ottimo frutto di bosco fresco a decorare. Ad accompagnare i entrambe piatti vengono serviti due calici di passito Capitelli 2004 di Anselmi.
Procediamo con i primi, Piccoli paccheri con Germano reale e salsa agli aromi dell'orto e tartufo nero di Norcia per la mia ragazza, nove rotolini di pasta ripieni di germano posti in verticale come un piccolo plotoncino di soldatini a fare il girotondo con i piedi in ammollo in una salsa a base di erbette, gusto ottimo, ma io ho preferito il mio primo, Tortelli ai fior di ricotta, erbette dolci dell'orto e tartufo nero di Norcia, dei ravioli asciutti, nel senso che per una volta non trovo queste preparazioni immerse nel burro fuso, ma il condimento c'è tutto, burro e Parmigiano in giusta quantità così come le scagliette di tartufo a completare il connubio, passando poi all'interno si scopre un ripieno veramente ben fatto, equilibrio per la ricotta che si sente e non impasta e valorizza la parte vegetale che si trova nel composto.
Per proseguire arriva un intermezzo a sorpresa, Coscette di rana gratinate alle erbe fini, cinque bocconcini avvolti in una gradevole gratinatura a base di erbette che dona alle coscette un gusto sfizioso, per pulire la bocca nel piatto trova posto un'insalatina di vari radicchi condita con un buon balsamico.
Il piatto forte della serata è stata la Sella di capriolo, salsa al cabernet e purè di castagne, proprio il piatto assente dal mio menu (eh eh eh), fantastiche le due nocette di carne, cotte al punto giusto nella loro rosea consistenza, degnamente accompagnate dalla salsa al cabernet che sosteneva il gusto senza ammazzarlo, una vera e propria riduzione del vino, senza aggiunta di altri ingredienti particolari, soprattutto la totale assenza di grassi aggiunti, per un risultato finale di grande sapore e leggerezza allo stesso tempo. Le verdure saltate a contorno sono un semplice riempitivo per il piatto così come la
purea di castagne aiuta a "pulire" il piatto.
E' da alcuni anni che la cucina del ristorante si sta orientando sull'alleggerimento delle pietanze, rinunciando ad alcuni sapori forti in nome della digeribilità e della permanenza a tavola per simposi culinari prolungati, la controparte in difetto è forse la latitanza di una certa ricerca sulla varietà degli ingredienti e la rigidità nel tempo dei menu, con forse qualche ripetizione di troppo nelle componenti dei piatti, può piacere oppure no, forse il bello sta nel poter cambiare ristoranti alternando così le scelte giusto per non farsi mancare niente.
Prendiamo a chiudere una orologetto di formaggi, un caprino affinato nelle vinacce di sauvignon, un caprino affinato nella cenere, una toma, un Parmigiano di collina e un gorgonzola stagionato con la mostarda di fogliette di mela cotogna, in accompagnamento il classico pane alle noci e uvetta.
Viene sgombrata la tavola con la grave dimenticanza di non liberare la tovaglia dalle briciole, infatti quando arriva il cameriere con il cambio dei tovaglioli notiamo in lui l'attimo di esitazione nel porgerceli, ma ormai la "frittata" era fatta.
Non si può finire senza un buon dessert, Rotolini di ananas con mousse alla vaniglia per la mia ragazza, dei rotolini di ananas in parata simile ai paccheri al germano, aventi come palco un biscotto di pasta frolla, e ripieni di una mousse alla vaniglia. Io ho scelto lo Sformato all'arancia con salsa agli agrumi, una preparazione tradizionale ottimamente eseguita, nel morbido cuore dello sformato viene versato al tavolo la salsa agli agrumi, la coppetta scottante che contiene il soufflè è imprigionato in una struttura di metallo in modo da gestirlo nel migliore dei modi senza pericoli.
Piccola pasticceria di tradizione, qualitativamente eccelsa, ma un po’ ferma a sé stessa. Chiudo con un caffè per me e una tisana ai frutti rossi per la mia ragazza. La sala va svuotandosi, noi ci tratteniamo ancora, per assaporare al meglio il momento magico della serata, così il signor Santini tra un congedo e l'altro degli altri ospiti si intrattiene qualche minuto senza dimenticarsi di rabboccare il buon armagnac proposto come digestivo.
Ad un certo punto della serata arrivano due chicche, due cioccolatini con cuore di fondente tiepido. Ci attardiamo ancora e siamo ormai gli ultimi in sala, ma è tardi anche per noi pur se abbiamo così poca strada da fare. Dunque ci alziamo e ci congediamo dai signori Santini che ci omaggiano di una copia del menu e alcune altre guide di altre tavole d'eccezione.
Il discorso conto è esaurito con 350 euro, meno di quanto speso l'anno scorso (390 euro), ma comunque una cifra importante, ma se si sceglie coscientemente questi locali si ha già una certa predisposizione a questo tipo di spesa, certo aver "risparmiato" qualcosa rispetto alla scorsa esperienza non può certo giustificare un rapporto q/p buono, rimaniamo in un decente normale con tutte le considerazioni del caso sulla qualità complessiva dell'offerta e i paragoni con locali del medesimo livello.
Se c'è poco da eccepire sull'ambiente complessivo con un mix di eleganza e rusticità senza concessioni per sfarzi da palazzo nobiliare, qualche appunto va mosso al personale di sala, che a mio avviso pecca un po’ di esperienza, quando il patron si assenta dalla sala per adempiere ad altri compiti istituzionali quali arrivi e partenze degli ospiti, facendo risaltare alcune sbavature.
Infine una nota alla cucina che tecnicamente si muove in modo eccezionale sul proprio terreno, ma non va quasi mai oltre a questo, grande espressione della tradizione vista in chiave moderna rispetto ai condimenti di preparazione, pochissime concessioni alla creatività: il risultato finale è che per chi come me conosce certi sapori e certi ingredienti le emozioni di una cena Dal Pescatore le trova nel complesso dell'offerta e non nella specificità della cucina, seppure di altissimo livello.
Facendo un confronto con i voti dello scorso anno per quella che è la mia personale esperienza, tenderei a confermare cucina e ambiente e togliere un punticino al servizio per le imperfezioni riscontrate, niente dieci, non ne ho mai dati (non so se mai li darò ad esser sincero) perché penso che tutto sia perfettibile, anche nelle grandi "tavole".
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