Prezzo per persona bevande incluse: 36 €
Recensione
La strada per raggiungere La Madia è lunga e tortuosa, ma in questi giorni di caldo torrido vale la pena fare qualche chilometro in più per passare qualche ora al fresco. Comodo e ben accessibile il parcheggio interno.
Gli ambienti si presentano strutturati da tipica trattoria: sobri, caldi e senza troppi fronzoli. I tavoli sono ampi e ben spaziati. Nel complesso l’ambiente è molto piacevole.
È il pranzo della domenica e, come da tradizione, i commensali ripropongono varianti della famiglia tipo: con figli piccoli e grandi, con suocere e non; il panorama è ampio e variegato.
La cucina denota una filosofia ben precisa: ripercorrere le pietanze del luogo, interpretandole con apparente semplicità. Un’attenzione particolare è stata data alla materia prima: sempre di alta qualità ed ottenuta da piccoli e qualificati fornitori locali. Qui tutto è fatto in casa e sa veramente di artigianale. Nel menu, così, vengono citati per ogni pietanza i produttori utilizzati, tanto quanto è facile trovare etichette bio o presidi Slow Food.
Il risultato consta di un menu tutt’altro che scontato, dove carni, salumi e formaggi dominano.
Il personale è gentile e professionale quanto basta; l’atmosfera è pacata e la fretta non regna in questi ambienti. Ci declinano a voce le varianti apportate al menu e, con molta grazia, ad ogni portata danno un cenno, spiegando cosa stiamo mangiando. È sufficiente un minimo stimolo per ottenere preziose ulteriori spiegazioni.
Comprendiamo, in questo modo, che il tagliere piccolo di salumi (10 euro) è composto da un (ottimo) salame, da coppa e da guanciale accompagnati da una marmellata di cipolla e ginepro.
La giardiniera, di produzione ovviamente locale, è aromatizzata ai chiodi di garofano e le verdure sono leggermente cotte al vapore.
Ad accompagnare gli antipasti, ben sette varianti di pane ed affini, anch’essi sfornati direttamente dalla cucina.
Un plauso anche all’acqua Lauretana ed al calice di Ca' del Vent Cellatica.
L’esperienza gastronomica continua con della pasta (12 euro) tipo casoncello, ripiena di verdure e spolverata di un ottimo formaggio (bagoss?). Il sapore è tendente al dolciastro (tipo zucca); il formaggio ed il burro la rendono appetitosa quanto pesante…
I triangolotti sono di farro e conditi con un salmì di anatra: piatto importante per quantità, sapore deciso e pesantezza.
Pur sfiniti dal pasto, la golosità porta ad assaggiare una porzione di bocconcini di pecora camuna cotti a bassa temperatura ed affumicati nella paglia (16 euro): deliziosi per chi ama questo genere di sapore.
Dividiamo una fetta di torta di pane, tipo quella della nonna, addizionata di sfiziose mandorle nell’impasto (4,5 euro).
Qui non sbagliano un colpo: tutto è ben eseguito, le porzioni sono generose e gli accostamenti sono veramente indovinati. Le portate sono tendenzialmente pesanti e diventa difficile degustare un pranzo completo.
Il servizio è lentino e non senza intoppi (nulla di grave): in un posto così non bisogna avere fretta.
La sensazione è quella di essere in una vera trattoria nostrana, dove il tempo non ha alterato le radici della genuinità, ma ha semplicemente evoluto gli accostamenti alle solide materie prime.
I prezzi, che passano in secondo piano, sono perfettamente in linea con le proposte.
Il conto è di 72 euro per due, veramente ben spesi.
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