Prezzo per persona bevande incluse: 60 €
Recensione
Cena di venerdì sera in compagnia di altri due amici crapulatori. Lo scopo dell'uscita era di verificare le decantati lodi di questo locale e l'aderenza alla cucina siciliana di cui si fa portavoce.
Il locale segue precedente gestione regionale, caratterizzata da cucina napoletana, Zazà, che non aveva fatto sfracelli; il posto rimane piuttosto incassato e buio, ma siamo dentro mura nel centro storico, è perdonabile. C'è anche un simpatico cortiletto, ma ieri pioveva ed era chiuso.
Il servizio è gentile e premuroso, alla fine risulterà decisamente un punto in più da aggiungere al resto. Nonostante il locale fosse pieno i tempi di attesa sono stati contenuti.
La prima vera sorpresa è stato l'antipasto, costituito da un assortimento di sarde a beccafico, impanate e fritte con la provola, con pesce fresco: canocchie, spada, altro, e diverse combinazioni di verdure saltate, arricchito da cestini di panelle.
Primi.
In tre abbiamo preso sei primi (per farsi una cultura bisogna anche sopportare qualche sacrificio), due spaghetti con crudità di gamberetti; due linguine con tonno fresco, mentuccia e pomodorini secchi; un risotto al mare fresco e una trenetta al pesto di spada. Purtroppo quella sera mancava la pasta con le sarde, bisognerà che ci ritorni quando è in menu.
La pasta è sempre parecchio al dente, riccamente condita e in giusta quantità: il tonno è appena scottato, il profumo di mare deponeva a favore della freschezza del pescato.
Secondi.
Due scaloppe di tonno in crosta di sesamo e pistacchi con mosto cotto, e un fritto misto con molte alici. Niente da dire, la tagliata di tonno era perfetta, rosa e saporita, servita con un fiore di zucca ripieno di crema di formaggio ed erba cipollina, accostamento che si è sposato a perfezione, il fritto asciuttissimo.
Ormai per i dolci c'era poco spazio, ma abbiamo preso lo stesso due semifreddi di cassata (ahimè, non è la stessa cosa che si consuma oltre lo stretto, la ricotta di pecora qui è cosa orientale) e un piccolo babà (questo invece era una dicreta copia di quelli originali, ovviamente preparati in casa, vista la croccantezza della sfoglia. Bah, misteri della cucina). Il moscato di accompagnamento era da dimenticare.
Acqua nelle caraffe filtrate, due bottiglie di vino: un Viognier decisamente caratteristico e un Cataratto. Caffè per finire.
I 180 euri finali, 60 a testa, vista la prestazione, sono sembrati decisamente leggeri.
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